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Sace, un piano per far crescere le Pmi oltreconfine

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Sace, un piano per far crescere le Pmi oltreconfine

La direzione l’ha tracciata il piano industriale presentato a fine dicembre dai vertici di Cdp, l’ad Fabio Gallia e il presidente Claudio Costamagna, che prevedeva la creazione di un presiduo unico, presso Sace, in cui integrare tutte le attività del gruppo sul fronte dell’internazionalizzazione. Con un obiettivo di fondo molto chiaro: superare la frammentazione e le sovrapposizioni finora esistenti al fine di massimizzare l’accesso da parte delle piccole e medie imprese alla vasta gamma di servizi e prodotti che il segmento dell’export finance di Cassa e le sue controllate, Sace e Simest, sono in grado di offrire.

Ed è dunque all’interno di questo alveo che il numero uno di Sace, Alessandro Decio, affiancato dal neo presidente Beniamino Quintieri, si sta muovendo per declinare al meglio questa mission. Il prossimo step è il nuovo piano strategico al quale l’ex banchiere sta lavorando e che sarà presentato in autunno, a valle di un riassetto che porterà, entro fine settembre, la Simest sotto il cappello del gruppo assicurativo-finanziario. Le modalità del “trasferimento” sono ancora oggetto di valutazione, ma il passaggio a Sace dell’azienda affidata al tandem Novelli-Rebecchini potrebbe avvenire con un aumento di capitale dedicato, cui la spa di Via Goito parteciperà conferendo il 76% detenuto in Simest (il restante 24%, va ricordato, è in mano a una platea assai diversificata di soggetti, tra banche e associazioni industriali). Nessuna fusione, dunque, come qualche indiscrezione aveva rilanciato nei mesi scorsi, ma una riorganizzazione mirata al fine di introdurre un modello integrato, già sperimentato con successo in altri paesi, in cui comunque le diverse “gambe” manterranno intatti ruoli e competenze.

Il baricentro di questo percorso sarà, come detto, la creazione di una porta d’accesso unica (la “one-door”) per l’export e l’internazionalizzazione nel tentativo di aumentare il supporto alle imprese italiane che esportano e vogliono espandersi oltreconfine. Una fotografia dei possibili target da intercettare già esiste ma, per massimizzare il risultato, sarà necessario studiare attentamente le caratteristiche delle aziende che possono effettuare questo salto di qualità. E il piano di Decio dovrà dettagliare le azioni da mettere in campo per centrare il traguardo, a cominciare dalla semplificazione dell’offerta. Perché, mettendo a fattor comune tutti i prodotti e i servizi che il gruppo è in grado di fornire per lo sviluppo sui mercati internazionali, le aziende potranno disporre di una serie di strumenti, lungo tutta la filiera dell’internazionalizzazione (dalle garanzie finanziarie o dal fondo di sviluppo export targati Sace ai finanziamenti a tassi agevolati e all’export credit di Simest che può intervenire anche acquisendo partecipazioni nel capitale delle imprese, sempre con l’obiettivo di sviluppo sui mercati esteri, fino al sostegno assicurato dalla Cassa), che vanno ben oltre il novero delle attività assicurate dai peer europei.

Ma l’incontro tra le due sponde sarà tanto più semplice - ed è questo un altro degli assi del piano che Decio sta predisponendo -, se questa svolta si accompagnerà a una notevole capillarità sul territorio, partendo proprio dalla rete di Sace che vanta 14 uffici nella penisola e 10 oltreconfine. Anche su questo versante, la razionalizzazione sta già prendendo piede e, a metà aprile, la Simest ha aperto un ufficio presso la sede milanese della Sace - e analoghe mosse investiranno presto altre sedi strategiche -, dando vita di fatto a un primo presidio unico sull’internazionalizzazione. Che potrà far leva altresì su una forte spinta sulla digitalizzazione dei servizi e, altro tassello cruciale, su una forte complementarità con il sistema bancario in modo da diversificare e rafforzare il sistema di strumenti a disposizione delle pmi. Perché, se l’obiettivo, come rimarcato dal Cdp nel piano di dicembre, è quello di mobilitare 63 miliardi, da qui al 2020, a favore dell’export e dell’internazionalizzazione, il gioco di squadra tra la “porta unica” e il sistema bancario rappresenta un passaggio ineludibile.

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