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Exor lascia l’Italia, sede trasferita in Olanda

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la svolta

Exor lascia l’Italia, sede trasferita in Olanda

La famiglia Agnelli lascia l’Italia. Exor, la holding a capo di Fca, Ferrari, Cnh e Partner Re, insieme ad altre attività, e la Giovanni Agnelli e C. Sapaz, cassaforte della dinastia torinese e detentrice del 52,99% della finanziaria, trasferiscono la sede in Olanda.

L’obiettivo dell’operazione è creare «una struttura societaria più semplice» che risponda meglio al profilo sempre più internazionale del gruppo, ha spiegato il presidente John Elkann. E il percorso tracciato per le due società torinesi, che si concluderà entro l’anno (l’assemblea è fissata il 3 settembre) è analogo a quello seguito da Fca, Cnh Industrial e Ferrari, ma con alcune differenze: Exor porta in Olanda sia la sede legale sia quella fiscale (quest’ultima per le altre società è a Londra) e mantiene la quotazione esclusivamente a Piazza Affari. Non solo. Il meccanismo di attribuzione dei diritti di voto ai soci “fedeli” sarà molto diverso dai precedenti: 5 diritti di voto per ogni azione posseduta ininterrottamente per 5 anni e altrettanti se il periodo copre l’arco di dieci anni.

LA FOTOGRAFIA DELLA HOLDING
La galassia di Exor. Le principali partecipazioni. Quote in percentuale.

Dunque, nessuna attribuzione immediata dei diritti, come nel caso di Fca o Ferrari, ma potenzialmente un rafforzamento dell’accomandita in Exor che potrebbe arrivare all’85%. Quanto basta, in linea teorica, per ampliare in prospettiva i margini di manovra della dinastia torinese sul pacchetto di controllo di Exor.

Le fusioni in agenda
Ieri il consiglio di amministrazione di Exor ha approvato il progetto di fusione per incorporazione di Exor in Exor Holding, società olandese interamente controllata da Exor. L’unica condizione sospensiva è che l’ammontare dell’importo da pagare agli azionisti che abbiano esercitato il diritto di recesso e ai creditori di Exor non sia superiore a 400 milioni. In particolare, il prezzo dovuto agli azionisti che eserciteranno il diritto di recesso è pari a 31,2348 euro per ogni azione contro un valore di Borsa di 33,51 euro. «Negli ultimi dieci anni abbiamo continuato a semplificare la nostra organizzazione e a svilupparci seguendo evoluzione dei nostri business», ha sottolineato John Elkann, «I nostri principali investimenti hanno già riorganizzato le proprie strutture societarie per riflettere meglio la loro attività globale ed è quindi naturale che Exor si allinei a loro». «La proposta che avanziamo oggi - ha osservato - ci consente di ottenere una struttura societaria più semplice e rappresenta un ulteriore importante passo avanti nel percorso di sviluppo di una holding come Exor che opera in tutto il mondo. Inoltre il meccanismo di fidelizzazione incentiverà gli azionisti che investono sul lungo termine e sono felice che questo progetto abbia già ricevuto il sostegno di istituzioni e di imprenditori di grande successo a livello mondiale, alcuni dei quali siamo orgogliosi di avere già come attuali azionisti».

Pieno sostegno della Sapaz
Nell’ambito di questo nuovo riassetto, infatti, sia l’azionista di controllo di Exor sia altri investitori hanno già dato disponibilità a sottoscrivere l’inoptato. In particolare la Giovanni Agnelli & C. Sapaz, che si prepara anch’essa a lasciare l’Italia, ha confermato pieno sostegno all’operazione. E ha fatto sapere con una nota di essersi impegnata ad acquisire azioni Exor, eventualmente rinvenienti dall’esercizio del diritto di recesso e non collocate «fino a un controvalore massimo pari a 100 milioni di euro». Tecnicamente, nell’ipotesi che i recessi si fermino a 100 milioni, l’accomandita si rafforzerebbe dell’1,3% nel capitale di Exor salendo così al 54,29%. Vicino alla società di famiglia compaiono poi altri investitori che si sono impegnati ad acquistare le azioni inoptate eccedenti il controvalore di 100 milioni fino a un controvalore massimo complessivo di 300 milioni. Tra questi figurano anche la Cascade Investment, società di investimento di Bill Gates, Jacob Rothschild e Nassef Sawiris. Il tutto con l’obiettivo, dunque, di creare una base stabile dell’azionariato in un orizzonte di medio periodo. Non è in agenda, invece, secondo quanto si apprende, alcun trasferimento dalla famiglia Agnelli a un trust del pacchetto di controllo dell’accomandita, previsione di recente inserita nello statuto della Sapaz. E ad ogni modo resterà comunque un filo con l’Italia rappresentato dallo storico scrigno degli eredi di Gianni Agnelli, la Dicembre, titolare del 36% dell’accomandita e dalle finanziarie personali dei diversi rami della famiglia.

«Vengono meno così - ha detto il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino - anche gli ultimi legami finanziari fra la famiglia Agnelli e Torino. Sempre di più dobbiamo lavorare per valorizzare il nostro patrimonio del saper fare automobilistico per essere città dell’auto senza essere città della Fiat». «Per la nostra città non è una buona notizia», ha aggiunto il segretario generale della Fiom torinese, Federico Bellono, mentre la sindaca di Torino Chiara Appendino prende atto «delle rassicurazioni sugli investimenti dell’azienda sul territorio torinese» e promette di lavorare «per rilanciare la vocazione industriale di Torino».

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