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Perché l’oro corre (anche) con la deflazione

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Perché l’oro corre (anche) con la deflazione

Li chiamano beni rifugio. Prodotti finanziari dove confluiscono capitali a mani basse durante le fasi di tempesta finanziaria. Anche quest’anno i più importanti porti sicuri della finanza - vale a dire lo yen giapponese e l’oro - non si sono affatto smentiti. Durante le fasi più acute di tensioni sulle Borse - da inizio anno fino a metà febbraio e a giugno - gli investitori hanno acquistato valuta giapponese e metallo giallo.

Il bilancio parziale del 2016 vede l’oro leader tra le classi di investimento, con un guadagno del 25% (Piazza Affari ha perso il 20% e le Borse europee l’8%). Anche lo yen ha fatto tanta strada: pur in uno scenario di rafforzamento globale del dollaro (per via del fatto che la Federal Reserve a differenza delle altre principali banche centrali ha smesso di stampare moneta attraverso la formula del quantitative easing) la valuta nipponica si è rivaluta del 12% nei confronti del biglietto verde e del 15% sull’euro.

L'ANDAMENTO DEL CAMBIO DOLLARO/YEN DA INIZIO ANNO
Gli investitori hanno comprato valuta nipponica

Yen e oro sono ad oggi i due beni rifugio per eccellenza (seguono a ruota dollaro, franco svizzero e Bund tedesco) ma per motivi diversi.

L'ANDAMENTO DEL BUND A 10 ANNI
Il rendimento del titolo governativo tedesco

Siamo sempre stati abituati a considerare l’oro come uno strumento prezioso soprattutto grazie al suo potere di proteggere un investimento dall’inflazione (perdita del potere di acquisto della moneta). Negli anni ’70 e ’80 - quando l’Occidente registrava tassi di crescita annui intorno al 3-4% (più o meno i livelli su cui si muovono oggi i Paesi emergenti asiatici che a 30 anni di distanza stanno sperimentando un analogo boom trainato dall’avanzata del ceto medio e delle aspettative di questo di una crescita ulteriore nel futuro) - l’inflazione viaggiava a doppia cifra un po’ dappertutto (non è vero che correva solo in Italia, nel 1981 raggiunse un picco del 14% anche negli Stati Uniti). Investire in quel momento nell’oro aiutava a proteggere i propri risparmi dall’effetto erosivo dell’inflazione.

Nasce quindi spontaneo chiedersi a questo punto come mai oggi - quando il tema dominante non è più l’inflazione ma piuttosto il suo alter ego, ovvero la deflazione con i rischi annessi sulle aspettative di crescita del ciclo economico - come mai l’oro è tornato in auge (con un balzo del 25% del prezzo del metallo spot e del 112% delle compagnie auriferee sintetizzate dall’andamento dell’indice Etfs Daxglobal gold mining, primo Etf di Piazza Affari nel 2016)?

«La deflazione è una diminuzione del livello dei prezzi, quindi del valore che noi diamo a qualsiasi bene. Se dura a lungo crea o peggiora la crisi economica ed è recessiva - spiega Massimo Siano, executive director head of southern europe per Etf securities -. Quasi tutti i beni in natura hanno una scadenza e tendono ad essere obsoleti nel tempo, quindi a perdere di valore. La massa dell'oro invece non cambia nel lungo periodo, per questo è definito metallo prezioso. Il valore dell'oro nel tempo quindi diminuirà solo se i beni scambiati con l'oro acquisiranno valore. Se i beni in cambio di oro non acquisiranno valore o addirittura diminuiranno valore, si tenderà a comprare oro perchè il metallo non ha decadimento. La stessa cosa ovviamente succede con il denaro. Quindi se anche la moneta cartacea tenderà a valere di meno nel futuro a causa dei tassi d'interesse reali negativi, il trader venderà carta e comprerà oro. Ecco perché il valore del metallo giallo in questo periodo è in aumento».

In questo momento l’oro pare entrato anche nelle strategie di carry trade, un’operazione attraverso la quale un investitore si indebita in una valuta che esprime bassi tassi di interesse per acquistare con quel debito classi di investimento più remunerative lucrando sulla differenza. Una strategia che vede lo yen al primo posto (visti i tassi bassi in Giappone da oltre 10 anni i grandi investitori scelgono lo yen come strada privilegiata per indebitarsi al fine di investire a leva in strumenti più remunerativi) e contribuisce a spiegare perché lo yen è considerato un grande rifugio, oltreché una sorta di bancomat mondiale per trader e grandi fondi di investimento.

Come mai l’oro è entrato nell’universo del carry trade? « L'oro è una moneta speciale. Non si può stampare e non dà tassi d'interesse. Le altre monete, quelle di carta, invece si possono stampare e offrono tassi d'interesse. Se il tasso d'interesse è negativo è naturale che il mercato preferisca vendere la moneta con tasso d'interesse negativo e comprare moneta che non abbia un tasso negativo e viceversa - continua Siano -. Il Bund non può essere un investimento rifugio se offre tassi d'interesse reali negativi in quanto l'investitore nel lungo periodo avrà delle perdite certe. La quantità di euro in circolazione è inoltre in aumento di 80 miliardi al mese. In natura l'eccesso di offerta di un bene ne fa diminuire il valore, la scarsità invece ne fa aumentare il valore. Il mercato quindi tenderà a vendere monete con tassi negativi reali e per di più stampate per comprare monete che offrano rendimenti migliori. La vendita di euro per l'acquisto di oro ha portato quindi ad una diminuzione del prezzo della prima moneta ed un aumento della seconda».

Quindi l’oro ha perso in questa nuova era dei tassi bassi il suo potere di proteggere dall’inflazione (che non c’é) ma ha conservato lo status di bene rifugio che protegge durante le incertezze geopolitiche e finanziarie e, in più, viene considerato - al pari di strumenti invece rischiosi come le Borse - un prodotto da acquistare con i soldi presi a prestiti con il carry trade perché protegge dai tassi negativi (i bond governativi a tassi negativi hanno superato nel mondo quota 10mila miliardi di dollari secondo l’agenzia Fitch).

Questo spiega perché chi ha puntato sull’oro - e in particolare sulle società auriferee - da inizio anno ha fatto letteralmente bingo.

Ma chi sta comprando oro? Grandi fondi che temono una recessione globale o investitori solo in ottica speculativa ? « I grandi fondi stanno comprando oro e non è un segreto. Soros lo ha anche detto pubblicamente. I dati sono pubblici e sono molto chiari. Dal referendum sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea abbiamo un aumento di afflussi nei nostri Etc sull'oro fisico per circa 1 miliardo di euro».

A gennaio un’oncia costava 1.061 dollari. Ora siamo vicini a 1.340. Fino a dove può arrivare il prezzo dell’oro? «La nostra ricerca pensa che il corrente rally delle società aurifere (+112% da inizio anno, ndr) non sia corretto - conclude Siano -. Pensa che il prezzo dell'oro dovrebbe aggirarsi attorno ai 1.510 dollari l'oncia per giustificare i prezzi medi delle azioni aurifere. Le cose quindi sono due: o gli azionisti delle società aurifere hanno ragione e l'oro raggiungerà questi livelli oppure hanno torto e ci sarà un rintracciamento medio nelle azioni aurifere. Tutto questo senza considerare che cosa è avvenuto in Turchia e la situazione geopolitica internazionale obiettivamente peggiorata nell'ultimo periodo».

twitter.com/vitolops

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