Punto e a capo. L’esito notturno degli stress test rappresenta l’ulteriore certificazione del fatto che la maggior parte delle banche italiane non ha problemi sul versante del capitale: diversamente, non si sarebbe potuto superare il nightmare scenario inventato dall’Eba con i requisiti che si sono visti ieri. Vale per Intesa Sanpaolo, UniCredit, Ubi e il Banco Popolare, ma anche per quasi tutte le altre banche esaminate dalla Bce e non dall’Eba: anche in questo caso, come per il Monte, le situazioni critiche sono quelle note e per di più in massima parte già superate con le recenti ricapitalizzazioni ad opera di Atlante.
Insomma, se il mercato aveva (o gli faceva comodo avere) alcuni dubbi sulla solidità degli istituti italiani, nelle scorse ore sono stati fugati. È una certezza non da poco, visto il contesto normativamente fluido e borsisticamente volatile di questi tempi. Che ora deve diventare il punto di partenza per una nuova fase, tutta concentrata su altre due questioni nodali: la revisione dei business model e la gestione più proattiva delle sofferenze.
Sugli Npl sempre la nottata di ieri ha portato potenziali buone notizie con il piano Mps. La prima è sul fronte dei prezzi: non solo Siena può ambire a cedere le sue sofferenze al 33%. Inoltre, lo schema costruito per il Monte vale doppio perché può essere in buona parte replicato; in particolare lo spin-off (con o senza Spv) dei crediti deteriorati, di cui aveva parlato Il Sole in tempi non sospetti riportando un’ingegnosa soluzione elaborata da Equita, è una via che può essere imboccata anche da altri istituti. Così come il tranching delle Abs, che nella miscela studiata da Quaestio può rivelarsi sostenibile anche in altri casi.
I crediti deteriorati restano la vera urgenza del sistema bancario italiano, dunque il problema va affrontato subito e di petto. Forse meno eclatante ma altrettanto urgente è la questione dei business model (e delle dimensioni), una tematica di carattere industriale e occupazionale ma dalle evidenti ricadute finanziarie, sottoforma di redditività. Modelli vecchi e inefficienti costano molto, assorbono capitale e pagano poco: c’è da accelerare nei processi di rinnovamento, tutti insieme, nella consapevolezza che solo banche redditive fanno felici gli azionisti (ma anche i regulators) e quindi possono stare in piedi, nel tempo.
Dopo mesi di stress, i risultati dovrebbero garantire - almeno a chi ne è uscito bene - un po’ di calma. Visti i precedenti e il clima generale, non durerà molto: meglio non perdere tempo.
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