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Mediaset allo scontro con Vivendi

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Mediaset allo scontro con Vivendi

PierSilvio Berlusconi. (Imagoeconomica)
PierSilvio Berlusconi. (Imagoeconomica)

È iniziata ufficialmente la guerra della pay-tv tra Mediaset e Vivendi. Da ieri Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré, due tra gli uomini più potenti d’Europa, sono nemici. Sullo sfumato affare Premium, si è rotta un’alleanza: solo tre mesi fa, PierSilvio Berlusconi, l’artefice di quella che era la più grossa operazione nelle tv in Europa da anni, tornava da Parigi vincitore, con il 3,5% di Vivendi. Aveva rinsaldato i rapporti con il finanziere bretone, il dominus di Mediobanca e di Telecom Italia, e portava casa un doppio successo personale: dare a Mediaset un respiro internazionale e un possibile matrimonio futuro; e assicurare un partner alla pay-tv .

Con poche laconiche righe, invece, ieri Mediaset ha rispedito Oltralpe la «proposta indecente» di Bolloré che ora si rifiuta di comprare la pay-tv Premium, e per il suo 3,5% dato agli italiani pretende in cambio il 15% di Mediaset. Scalati «in casa» da quello che credevano un alleato, in Mediaset hanno tirato fuori le armi (quelle legali): Fedele Confalonieri, il presidente di Mediaset e storico braccio destro di Berlusconi, e Piersilvio, che guida la società, ieri sono passati al contrattacco. Rifiuto della proposta di Bolloré e guerra di carte bollate e avvocati per far rispettare l’accordo originale su Premium.

Intanto, però, la «tegola» Premium cade subito su Mediaset. Come anticipato ieri dal Sole 24 Ore, la pay-tv del Biscione, zavorrata da perdite e debiti (200 milioni), è «ritornata» in bilancio, di fatto cancellando gli effetti di un ottimo primo semestre.

Il 2016 è iniziato con un’inversione di tendenza nel mercato della pubblicità televisiva, che viene da anni di profonda crisi (bruciati circa 7 miliardi di euro in 8 anni): il mercato è salito del 4,5% in Italia. Per Mediaset la raccolta è aumentata del 3,7% in sei mesi (con un secondo trimestre anche meglio del mercato, +4,6%). L’effetto si è visto subito sui ricavi: il fatturato è salito a 1,87 miliardi, 130 milioni in più del 2015. Il grosso del business viene dall’Italia (che pesa per 1,35 miliardi, mentre la Spagna per 521, entrambi in crescita). È il quarto trimestre di fila di rialzo: da un anno gli investitori pubblicitari sono tornati a riaffacciarsi e questo potrebbe essere il segnale di una timida ripresa dopo anni di recessione.

Peccato però che la buona notizia e l’incremento dei ricavi non si siano tradotti in margini o profitti. Già a livello di risultato operativo Mediaset ha subìto un pesante salasso (da 137 a 97 milioni). È l’effetto del consolidamento di Premium, che ha appesantito i numeri. Dopo l’annuncio della mega-alleanza con Vivendi, che avrebbe dovuto accollarsi il 100% di Premium, in casa Mediaset la pay-tv era stata contabilmente inserita tre le attività non continuative, destinate alla vendita. Quindi, non più consolidata. Ma ecco che l’improvviso dietrofront dei francesi ha obbligato Mediaset a dover ricontabilizzare la società controllata: in Italia il risultato operativo è finito in rosso per 53 milioni (dai +26 del 2015). La pay-tv ha registrato una perdita di 100 milioni nei primi sei mesi. Così, l’ultima riga di bilancio è stata trascinata in rosso per 28 milioni: nel 2015 il semestre aveva chiuso in utile per 24 milioni. Colpa non solo di Premium, ma anche di 34 milioni di costi una-tantum sempre per il famigerato «Affaire Vivendi».

Il piano industriale di Premium, stilato prima dell’accordo coi francesi, prevedeva di arrivare al pareggio, per la prima volta dopo nove anni dalla nascita, il prossimo anno e finalmente il profitto nel 2018: da Cologno fanno filtrare l’indiscrezione che se non dovesse andare più in porto l’accordo con Vivendi (cosa che pare ormai molto probabile), PierSilvio continuerà a seguire il piano già elaborato. Ad analisti e investitori, ieri Mediaset ha presentato una fotografia meno brutta della pay-tv: dopo un primo trimestre nero, con una maxi-perdita di 64 milioni(quasi quanto l’intero 2015 chiuso con un rosso di 80 milioni), nel secondo trimestre le perdite si sono dimezzate a 37 milioni.

Sta di fatto, però che gia a metà anno il passivo è più alto di tutto il 2015. Il vero banco di prova sarà a settembre quando ripartirà la Champions League e li si vedrà quanti abbonati arriveranno.

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