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I soci chiedono una trattativa per le «operazioni baciate»

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I soci chiedono una trattativa per le «operazioni baciate»

  • –Stefano Elli

MILANO

C’è voglia di «normalità» a Montebelluna. Normalità nel segno di un’ordinaria e ordinata amministrazione che dovrà riuscire nell’improba missione di governare lo straordinario. Questo il compito del nuovo Cda, a cominciare dai «ristori» ai clienti, come li ha definiti il predestinato alla presidenza, Beniamino Anselmi che andrà a sostituire Stefano Ambrosini. Del resto Anselmi, classe 1942, di ristori ha una certa esperienza. Ha trascorso una lunga carriera in consigli d’amministrazione di banche afflitte da malinconie gestionali di ogni genere: Dalla Bipop Carire, a qualche anno dal «cappottamento» del 2001, alla Bpm, al Banco di Sicilia, per finire con la Carige, creatura di Giovanni Berneschi e da quest’ultimo soffocata in un groviglio di conflitti d’interesse. Nel caso di Veneto Banca (come del resto sta accadendo con la Banca popolare di Vicenza) però la situazione rischia di essere ancor più complessa. Accanto ai problemi gestionali «classici», quelli che si riferiscono a erogazioni male attribuite a prenditori sofferenti o in cattiva fede, c’è anche un problema sociale: quello degli affidamenti «baciati» cioè le erogazioni, i fidi e i mutui concessi a privati clienti dietro la condizione di acquistare azioni della banca.

Sul punto occorrerà che la banca e il suo Ad Cristiano Carrus, trovino una via di uscita rapida. Perché è proprio su questo che si stanno focalizzando le strategie di difesa dei legali incaricati dai clienti coinvolti nella vicenda; a cominciare da Sergio Calvetti, dello studio Tlc Lawyers di Treviso, o lo studio Zanvettor Bruschi di Vittorio Veneto. O quello di Carlo Emilio Esini, di Conegliano. Esini da solo rappresenta alcune centinaia di azionisti e, sul tema specifico, ad aprile e a giugno, ha già ottenuto due ordinanze favorevoli dal Tribunale di Venezia (giudice Anna Maria Marra), che ha bloccato le iniziative di recupero intentate da Veneto Banca e BpVi nei confronti di due clienti per complessivi 10 milioni di euro. «Nell’occhio del ciclone - spiega Esini sono finite, in particolare, le operazioni finanziate, con la variante regionale del “patto di ritenzione e compensazione”». Stiamo anche percorrendo - spiega Esini - la strada del risarcimento per gli ordini di vendita non eseguiti, specialmente dopo avere preso visione degli estratti dei libri soci relativi alle vendite eseguite nei due anni anteriori al blocco».

Ed Esini si spinge a una riflessione ulteriore: «Vista la situazione generale viene legittimo chiedersi se alla banca, una volta riacquistate solidità e reputazione, non possa convenire sedersi a un tavolo di trattativa con i clienti anziché proseguire appesantita da un contenzioso enorme e da fondi rischi proporzionali». Una via di uscita onorevole per entrambe le parti, insomma. E se questa ipotesi non dovesse essere accolta?

«I clienti che hanno perso i loro soldi investendo in titoli emessi da Veneto Banca dovrebbero agire al più presto. La storia insegna che, passato il clamore mediatico e la riprovazione sociale che ne deriva, le banche cominciano a riorganizzarsi e a difendersi e la giurisprudenza si normalizza. Quindi - prosegue Esini- non è opportuno che chi ha problemi seri ed è indebitato con la banca attenda che sia la banca stessa a prendere l’iniziativa con lettere di rientro o altro. L’esperienza dice, per esempio in molti contenziosi sui derivati, che le aziende di credito non hanno preso alcuna iniziativa aggressiva nei confronti dei clienti debitori, almeno sino alla prima decisione di un giudice».

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