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Carbone, da malato terminale a «hot commodity»

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Carbone, da malato terminale a «hot commodity»

Meno di un anno fa l’Agenzia internazionale per l’energia e gli analisti di Goldman Sachs descrivevano il carbone come un malato terminale. Ma a dispetto delle previsioni il combustibile sta sperimentando una rinascita: reduce dal più straordinario rally degli ultimi cinque anni, è ora una “hot commodity”.

Solo da metà giugno, sostenuti dalla crescita della domanda cinese, i prezzi delle spedizioni australiane dal terminal di Newcastle sono saliti del 35% a quasi 70 dollari per tonnellata.

«Dopo cinque anni di declino - commenta Whitehaven Coal - i prezzi del carbone hanno raggiunto il fondo nel primo trimestre». Le azioni della società di Sydney hanno raggiunto i massimi da tre anni all’annuncio dei risultati annuali. «Le ragioni per tale ripresa - continua Whitehaven - sono la chiusura di miniere in Indonesia, Stati Uniti e Australia e il cambiamento delle politiche ambientali cinesi».

Pechino ha limitato la produzione di carbone a 276 giorni all’anno, con conseguente calo dell’output pari al 16%, e ha assicurato fondi alle minerarie locali che intendono uscire dal business. Le restrizioni di Pechino hanno trasformato il carbone in «una delle materie prime con la migliore performance nel 2016», sostiene Goldman, che è stata costretta a rivedere le proprie posizioni.

La banca ha alzato le previsioni di prezzo a tre, sei e dodici mesi rispettivamente a 65, 62 e 60 $/tonnellata, in aumento fino al 38% rispetto al precedente outlook. A sostenere i prezzi c’è anche una stabile domanda da parte di India, Vietnam e Filippine. Per non parlare di Giappone e Corea del Sud, che hanno annunciato l’intenzione di espandere l’import di carbone e ridurre quello di Gas naturale liquefatto (Gnl).

Gruppi minerari globali come Glencore, il maggior esportatore mondiale di carboone termico, e AngloAmerican, ma anche player regionali come l’australiana Whitehaven e la thailandese Banpu, ne stanno raccogliendo i frutti. Tutti e quattro i titoli sono cresciuti notevolmente in Borsa.

Banpu, che opera alcune miniere nell’area Asia-Pacifico, ha affermato che si aspetta di vendere la produzione 2016 a un prezzo medio di oltre 50 $/tonn, contro un precedente target di 47-48 $. Favorite in particolare restano le aziende australiane, grazie all’alta qualità della produzione.

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