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Londra comincia a pagare per Brexit

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Londra comincia a pagare per Brexit

Per il mercato immobiliare britannico Brexit ha due facce: da una parte della medaglia è crisi, la fine della festa dopo anni di rapido aumento della domanda dei grandi investimenti e dei prezzi. Dall’altra parte però Brexit è un’opportunità da sfruttare, dato che il voto a favore dell’addio all’Ue ha portato a un calo della sterlina favorevole per gli acquirenti stranieri, con un inevitabile diminuzione delle quotazioni.

L’impatto negativo sul settore è stato immediato e si fa ancora sentire. È notizia di questi giorni che il fondo sovrano norvegese, il più ricco del mondo con 880 miliardi di dollari in cassa, ha volontariamente svalutato del 5% il suo portafoglio immobiliare britannico da 5 miliardi in seguito al voto.

I prezzi degli immobili commerciali in luglio, il mese dopo il referendum, sono scesi del 2,8%, il calo più pronunciato dai tempi della crisi nel 2009, secondo l’Ipd Real Estate Index. La società di rating Moody’s prevede una flessione del 10% dei valori del settore.

Il valore delle transazioni immobiliari in Gran Bretagna nel primo semestre è crollato del 45% a 29,5 miliardi di euro, mentre a Londra il calo è stato del 52% a 14 miliardi di euro.

Il declino è stato particolarmente pronunciato nella capitale perché il settore uffici è considerato a rischio, per il timore che molte grandi banche e società finanziarie decidano di trasferire almeno parte dei loro uffici e dipendenti in un Paese Ue facendo crollare la domanda. Il futuro ruolo della City è incerto, e colpisce anche il settore affitti, che conta sul successo di Londra come calamita per i lavoratori stranieri.

Il governatore della Banca d’Inghilterra dopo il voto ha avvertito che il settore immobiliare è un “fattore di rischio” per l’economia britannica. La reazione immediata di molti investitori è stata il panico. Un terzo delle compravendite già negoziate è sfumato.

In luglio i maggiori fondi immobiliari britannici hanno sospeso i rimborsi agli investitori in seguito a un’impennata delle richieste di riscatto che ha portato a un insostenibile calo di liquidità. In totale, secondo l’Investment Association, i piccoli investitori in un mese hanno ritirato 3,5 miliardi di sterline dai fondi, una cifra mai toccata.

La vendita di asset per far fronte alle richieste di riscatto porterà a un probabile calo dei prezzi e della fiducia nel settore. L’incertezza però sta creando opportunità di acquisto per gruppi di private equity e società Usa, mediorientali e asiatiche, che scommettono sul fatto che Londra resterà un grande centro finanziario globale anche fuori dalla Ue.

Il settore residenziale sembra resistere meglio all’impatto di Brexit, ma i prezzi a Londra hanno rallentato la loro ascesa. Secondo i dati ufficiali del Land Registry, i prezzi delle case nella capitale sono aumentati dello 0,17% in giugno, portando l’aumento annuale al 12,6 per cento. A Kensington & Chelsea, il quartiere più chic e costoso, i prezzi sono scesi del 3,5%, risvegliando l’interesse degli acquirenti stranieri.

Le agenzie immobiliari parlano di un aumento del 50% delle richieste di acquisto nei quartieri centrali della capitale nell’ultimo mese da parte di stranieri decisi a ‘fare un affare' sfruttando il calo della sterlina contro le maggiori valute dopo il referendum.

«La nostra previsione - spiega Richard Snook, senior economist di PriceWaterhouseCoopers a Londra – è che l’aumento dei prezzi delle case in Gran Bretagna rallenterà del 3% quest’anno e dell’1% nel 2017. Se la Gran Bretagna avesse votato a favore di restare nella Ue, i prezzi delle case nel 2018 sarebbero più alti dell’8 per cento».

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