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Mediaset, parte l’azione legale contro Vivendi su Premium

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Mediaset, parte l’azione legale contro Vivendi su Premium

Silvio Berlusconi presenta un conto da 1,5 miliardi di euro a Vincent Bolloré. L’«Affaire Premium», la pay tv di Mediaset che doveva andare in sposa alla Vivendi del raider bretone, ma è stata ripudiata a un passo dall’altare, finisce in tribunale.

Il gruppo televisivo ieri ha depositato al Foro di Milano un atto di citazione contro Vivendi, chidendo un risarcimento, provvisorio, di 50 milioni di euro al mese.

Mediaset ha avviato l’azione legale presso il tribunale di Milano per «l’effettiva esecuzione del contratto vincolante concluso tra le parti l’8 aprile 2016», il matrimonio appunto tra Mediaset e Vivendi, per avere «l’esecuzione coattiva e il risarcimento dei danni sin quisubiti stimati per ora in un importo pari a 50 milioni per ogni mese di ritardo nell’adempimento». È un passaggio che in genere il giudice risolve abbastanza rapidamente.

Il Biscione non è andato oltre, specificando «per chiarezza che l’atto di citazione non riguarda il grave danno complessivo che la risoluzione del contratto non onorato comporterebbe, non inferiore a un miliardo e mezzo di euro».Anche Fininvest è pronta ad avviare un’azione legale contro Vivendi. Sullo sfondo, però, rimane l’ipotesi di un possibile accordo tra i due ex alleati.

Se è una Pax Televisiva quella che Mediaset e Vivendi stanno cercando,allora è ancora lontana. Il gruppo tv di Silvio Berlusconi, vistosi beffato dal colosso francese di Vincent Bolloré che ha ripudiato in sposa la pay tv Premium, ieri ha lanciato il primo vero affondo dopo lo scoppio del caso: si va in Tribunale. Mediaset ieri ha depositato al Foro di Milano un atto di citazione contro Vivendi, chiedendo un risarcimento, provvisorio, di 50 milioni di euro al mese.

Ai francesi verrà notificato dai giudici di dover rispettare il contratto vincolante concluso tra le parti l’8 aprile scorso. In quel giorno, PierSilvio Berlusconi aveva annunciato uno storico accordo con il gruppo transalpino: uno scambio azionario reciproco del 3,5% (e come conguaglio anche il conferimento ai francesi della traballante pay-tv Premium). Un passo indietro rispetto al disgelo degli ultimi giorni, dove rumors insistenti riferiscono di un tavolo di trattative tra i due litiganti per ricomporre la frattura. È probabile che l’affondo legale sia più una mossa tattica che una reale intenzione di andare a una costosa e lunghissima battaglia legale (che sfibrerebbe entrambi e che probabilmente nessuno vuole). Anche perché a ben vedere l’atto di citazione non riguarda il danno complessivo che il dietrofront francese comporterebbe -definito «grave» da Mediaset e stimato in non meno di 1,5 miliardi di euro - ma solo l’obbligo di esecuzione del contratto stesso. Un analogo ricorso, peraltro, lo presenterà anche Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi che controlla il 50% di Mediaset.

L’accordo con Vivendi vedeva anche un coinvolgimento della cassaforte del Biscione, presieduta da Marina Berlusconi: era previsto un patto parasociale di stabilità secondo il quale nel primo anno Vivendi non poteva effettuare alcun ulteriore acquisto di azioni Mediaset. Mentre nel secondo e terzo anno Bolloré sarebbe potuto salire al 5% nel gruppo di Cologno, dove invece Fininvest ha le mani libere per incrementare la propria quota, fino al 5% previsto per legge e infatti nei mesi scorsi ha rilevato un ulteriore 1,5%. La domanda giudiziale, ha spiegato ieri una nota diramata da Mediaset, è finalizzata a ottenere l’esecuzione coattiva del contratto per ordine del giudice e il risarcimento dei danni sin qui subiti da Mediaset stimati per ora in un importo pari a 50 milioni di euro per ogni mese di ritardo nell’adempimento da parte di Vivendi a partire dal 25 luglio 2016. Il risarcimento richiesto è quindi relativo unicamente al ritardo già fin qui accumulato e ad eventuali ulteriori ritardi prodotti da fantasiose e dilatorie proposte di accordi diversi dal contratto in essere.

Quello di Mediaset e dell’azionista Fininvest potrebbe essere un modo per stanare i francesi e spingerli a trovare un accordo, in vista del cda di Vivendi per il 25 agosto. Accordo a cui sottotraccia alcuni consulenti stanno lavorando (in prima fila ci sarebbe Mediobanca e non è un caso visto che la merchant bank fondata da Enrico Cuccia ha come azionisti sia Bolloré sia Berlusconi e fa un po’ da stanza di compensazione degli attriti). Ipotesi a cui il mercato crede, tanto che due giorni fa il titolo è salito del 5% sulla scia dei rumors.

Al di là delle schermaglie c’è però un tema spinosissimo che divide due società che si erano promesse amore eterno appena quattro mesi fa, e che ora sono ai ferri corti. Vivendi non intende più acquistare l’intera partecipazione nella pay tv Premium, ma solo il 20%. E ha avanzato una nuova proposta agli italiani, in cui si conferma lo scambio azionista del 3,5% con l’aggiunta di arrivare a detenere in tre anni circa il 15% di Mediaset attraverso un bond convertibile. Proposta bollata laconicamente come «irricevibile» da PierSilvio Berlusconi.

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