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La selezione dei titoli è un mestiere da professionisti

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L'Analisi|In primo piano

La selezione dei titoli è un mestiere da professionisti

L’idea di acquistare solo titoli azionari domestici perchè ritenuti più conosciuti (direttamente o attraverso la copertura dei media)è comprensibile. La prevalenza del business nella Penisola viene interpretata come un vantaggio.

Per la società e per l’investitore l’ottenimento di ricavi in più aree geografiche costituisce invece un valore indispensabile. Altrimenti il rischio Paese - i consumi deboli, ad esempio - può scaricarsi su un titolo promettente.

Spesso le potenzialità borsistiche di una società vengono lette nella notorietà dei prodotti. Un forte marchio nazionale può alimentare attese non legate ai conti. Consumatore e investitore hanno profili diversi. Il miglior prezzo-qualità, apprezzabile, non coincide necessariamente con il miglior ritorno stabile del denaro investito che va invece valutato per l’apprezzamento progressivo del titolo e con le cedole regolarmente distribuite alla fine di ogni esercizio. Un buon prodotto, ed è stato il caso di Parmalat, può resistere a una profondissima crisi societarie e perdite gravi per gli investitori.

Per chi ragiona solo da azionista, l’acquisto di titoli esteri è consigliabile quando è frutto di un confronto con quotate omogenee domiciliate in altri Paesi. Meglio se la selezione avviene nella stessa valuta, l’euro nel nostro caso, per evitare il rischio aggiuntivo del cambio. È quello che fanno quotidianamente gli analisti, in grado di monitorare il flusso di notizie societarie e da fonti esterne, possono chiedere informazioni aggiuntive per poi esprimere delle valutazioni di acquisto o vendita.

Le attese per l’andamento della redditività, quando trova conferma dai risultati di periodo, viene rapportata alla quotazione aggiornata e i multipli espressi (vedi tabella in pagina) possono costituire una buona base di valutazione di convenienza.

Fino a che punto un risparmiatore privato può tenere il passo di una mole informativa societaria corposa, in inglese, densa di tabelle e vocaboli tecnici? Per chi non è del settore, e magari ha poco tempo, la sfida è impegnativa. Se si guardano i dati Istat-Bankitalia sulle scelte nazionali («La ricchezza delle famiglie italiane e delle istituzioni private») si può notare nel periodo 2005-2014 un andamento altalenante del valore complessivo delle partecipazioni e delle azioni quotate. Il controvalore, ovviamente, varia con l’andamento del mercato e nella voce famiglie ci sono piccoli e grandi investitori. In rapporto alla voce complessiva “azioni e partecipazioni in società dei capitali”, si può comunque stimare un 3-5% di azioni straniere in portafoglio.

La ricerca di stabilità e di rendimenti migliori ha favorito la delega al risparmio gestito che al suo interno, con i prodotti maggiormente mirati ai mercati esteri, è in grado di reperire titoli o panieri potenzialmente promettenti in ogni area geografica, con capacità di assorbimento dell’effetto cambio.

Negli ultimi dati forniti dalla Consob relativi al portafoglio dei fondi comuni di diritto italiano «la percentuale di azioni domestiche è tradizionalmente bassa (anche se nel 2015 è in aumento rispetto all’anno prima) mentre negli ultimi tre anni è in costante crescita la quota di azioni estere e nel 2015 è salita sopra la soglia del 30 percento». Nel 2009 pesava meno del 20%. La quota di azionario estero resta relativamente bassa nelle gestioni patrimoniali.

Infine, per chi intende investire direttamente, va valutata la capacità di tutela dei propri diritti e quindi la giurisdizione. E la possibilità pratica di partecipare all’assemblea dei soci - o comunque esprimere un voto - per dare o negare il gradimento al management.

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