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Consolidamento per sostenere la capacità di investire

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L'Analisi|In primo piano

Consolidamento per sostenere la capacità di investire

Strano consolidamento. Ci sono due operatori che si fondono, Wind e 3, ma solo a patto che ne entri in gioco uno nuovo, Iliad. In effetti, è normale che nei mercati maturi, quando rallenta il tasso di innovazione, le aziende crescano con le fusioni. Ma nonostante tutto, le comunicazioni digitali non sono un settore a basso tasso di innovazione. I grandi operatori non riescono a stare sempre sulla cresta dell’onda dell’innovazione e rischiano la commoditizzazione, schiacciate a monte dal rinnovamento tecnologico dei produttori di apparati e a valle dal dinamismo di business dei produttori di servizi. Si difendono con le dimensioni, come appunto avviene con la fusione di Wind e 3. E sperano di contrattaccare sul piano commerciale. Ma le nuove norme introdotte nei giorni scorsi dal Berec sulla neutralità della rete, non fanno felici le lobby delle telecomunicazioni.

I profitti degli operatori sono erosi dalla concorrenza, ma anche dalla necessità di investire nella rete per mantenerla al passo con le esigenze del mercato. E non basta la manutenzione, come sono tentati di fare gli operatori che devono gestire una vecchia e grossa eredità tecnologica. Occorre fare i salti che la tecnologia offre e richiede. Per esempio, connettere in fibra le torri per le reti mobili per arrivare a un 4G di qualità. O aumentare la capillarità delle antenne per prepararsi al 5G. E , per la rete fissa, partecipare alla strategia per la banda ultralarga. L’ipotesi implicita nella decisione che ha consentito a Wind e 3 di fondersi è che possano sì ridurre i costi ma non per alimentare le rendite, in quanto il nuovo operatore sarà costretto a rilanciare gli investimenti: per portare a livello di 4G le antenne esistenti, andando verso gli standard raggiunti da Vodafone e anche da Tim, o per moltiplicarle in vista della nuova rete che si presume metterà in piedi la Iliad che, senza eredità tecnologiche, vorrà offrire un servizio innovativo e a prezzi convenienti. È un’ipotesi corretta? O ci sarebbe un’altra strada? Una strada fatta di offerte commerciali targettizzate e più allettanti per specifici gruppi di utenti?

La risposta poteva essere aperta fino all’inizio di questa settimana, ma le decisioni prese dal Berec sulla neutralità della rete hanno tagliato la strada a molte ipotesi che si facevano prima. Si poteva immaginare per esempio che gli operatori potessero andare a recuperare qualcosa del profitto realizzato dai cosiddetti “Ott”, le aziende che offrono servizi di rete, come i motori di ricerca, i social network, gli abbonamenti alla musica in streaming, e così via. Come? L’idea era di differenziare le offerte degli operatori telefonici connettendole a particolari servizi: offrendo gratis il traffico per chi ascolta Spotify, tanto per fare un esempio, con il sistema del cosiddetto “zero rating”. Ma il Berec ha deciso, a ragione, che questa pratica commerciale è una limitazione della capacità di innovare dei nuovi servizi e ha deciso di non consentirla. Gli operatori potranno offrire uno sconto sul traffico per certe tipologie di servizi ma non discriminando tra le società che offrono quei servizi e non per scopi commerciali, ma casomai solo tecnici. Alle autorità nazionali resta il compito di decidere di volta in volta sulle domande che gli operatori eventualmente faranno per ottenere il permesso di avviare questo genere di pratiche.

I regolatori, nel sistema delle telecomunicazioni, hanno la capacità di influenzare la forma del mercato. La strategia degli attuali regolatori europei è evidentemente di consentire il consolidamento degli operatori per sostenere la loro capacità di investire, non a scapito del ritmo innovativo e senza peggiorare il servizio per i consumatori.

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