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Putin (e il dollaro) rilanciano la corsa del petrolio

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politica e energia

Putin (e il dollaro) rilanciano la corsa del petrolio

(Ansa/Ap)
(Ansa/Ap)

A risollevare i prezzi del petrolio stavolta è sceso in campo il Cremlino. Congelare la produzione, magari esentando l’Iran, ancora in recupero dopo le sanzioni internazionali, «è la decisione giusta per il mondo dell’energia» ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin, in contraddizione col suo ministro dell’Energia, Alexander Novak, che il giorno prima aveva definito inutile un accordo col greggio a 50 dollari (si veda il Sole 24 Ore di ieri).

Il prezzo del barile - che nei primi quattro giorni della settimana aveva perso oltre il 9%, con un affondo che non si vedeva da gennaio - ieri è tornato a correre: Brent e Wti hanno recuperato il 3%, chiudendo rispettivamente a 46,83 e 44,44 dollari. Per accelerare il rialzo sono stati decisivi i dati sull’occupazione Usa, che hanno allontanato la prospettiva di un aumento dei tassi di interesse da parte della Fed. Ma a dare l’intonazione giusta al mercato era stato proprio Putin. A Vladivostok, in viaggio verso il G-20 del 4 e 5 settembre in Cina, il presidente russo ha concesso una lunga intervista alla Bloomberg, chiarendo il suo punto di vista su molti temi “caldi” che coinvolgono Mosca, compreso il conflitto in Siria per cui il presidente prefigura un accordo con gli Usa «nel prossimo futuro»: «Stiamo andando gradualmente nella direzione giusta».

Il mercato si è comunque concentrato soprattutto sul fronte del petrolio, in vista del Forum internazionale dell’energia che si aprirà ad Algeri il 26 settembre. A margine della manifestazione, i paesi Opec e la Russia riproveranno a trovare l’intesa che lo scorso aprile a Doha era saltata all’ultimo momento. La causa fu il rifiuto dell’Arabia Saudita a limitare la produzione di greggio se l’Iran non avesse fatto altrettanto e Putin ritorna proprio su questo nodo, suggerendo la possibilità di concedere un’esenzione a Teheran: ipotesi che peraltro era già stata esplorata senza successo nei mesi scorsi e adesso appare ancora meno percorribile, visto che la produzione iraniana è ormai vicina a riguadagnare il livello pre-sanzioni: in agosto, secondo Bloomberg, avrebbe raggiunto 3,6 milioni di barili al giorno (+60mila), contribuendo - insieme a quella dell’Arabia Saudita e dell’Iran - a spingere a un nuovo record la produzione Opec: 33,69 mbg, 120mila in più rispetto a luglio.

«Dal punto di vista del buon senso economico e della logica sarebbe giusto trovare una sorta di compromesso», afferma ora Putin. «Mi piacerebbe molto sperare che tutti i partecipanti al mercato interessati a mantenere stabili ed equi i prezzi dell’energia alla fine prendano la decisione necessaria».

Il presidente russo intende discutere la questione con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, quando lo incontrerà a Huangzhou, in uno dei bilaterali più attesi ai margini del G-20. Bin Salman «è un partner molto affidabile, con cui puoi stringere accordi sapendo che verranno onorati», assicura Putin, non rinunciando però scaricare su Riad la responsabilità del mancato accordo di aprile. «All’ultimo minuto i nostri partner sauditi hanno cambiato idea. Noi non abbiamo respinto l’idea di un congelamento della produzione. La nostra posizione non è cambiata».

L’intervista a Bloomberg è stata per Putin anche l’occasione di intervenire per la prima volta sul tema delle privatizzazioni. Nei giorni scorsi Mosca aveva rinviato la privatizzazione di Bashneft, una quota del 50,08% che potrebbe fruttare 315 miliardi di rubli (circa 5 miliardi di $). Interessati all’acquisto in particolare Lukoil, prima compagnia privata russa, e il big statale Rosneft. «Forse - ha commentato Putin - non è la cosa migliore che una compagnia controllata dallo Stato acquisti un’altra compagnia pubblica».

Ma è forse proprio per dare a Rosneft la possibilità di partecipare alla gara che Putin ha poi messo l’accento proprio sulla sua stessa privatizzazione, considerata ora la priorità per il governo. Se si troveranno «adeguati investitori strategici», ha detto Putin, la vendita del 19,5% di Rosneft (valore stimato 11 miliardi di $) potrebbe avvenire già quest’anno. «Il governo russo - ha spiegato - non ha necessità di mantenere quote così ampie. La domanda non è se vogliamo farlo o no, ma se ha senso o no, e in quale momento più adatto». «La cosa importante per il budget - ha proseguito - è chi dà più soldi. In questo senso non possiamo discriminare su chi partecipa».

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