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Shale oil verso la rivincita: Apache scopre giacimento da 8,1…

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maxiscoperta in texas

Shale oil verso la rivincita: Apache scopre giacimento da 8,1 miliardi di barili

(Afp)
(Afp)

Potrebbe essere la grande rivincita dello shale oil. Apache, una delle maggiori compagnie indipendenti americane, ha annunciato di aver individuato ai margini del bacino di Permian, in Texas, un nuovo giacimento - battezzato Alpine High - che potrebbe contenere ben 8,1 miliardi di barili di riserve di petrolio e gas non convenzionale: una quantità stratosferica, specie se messa a confronto con la scarsità di scoperte negli ultimi anni.

Nel 2015 in tutto il mondo sono stati rinvenuti appena 12,1 miliardi di barili di greggio, calcola Rystad Energy, il peggior risultato da 63 anni. Zohr, il supergiacimento di gas scoperto in Egitto dall’Eni, ha un potenziale di 5,5 miliardi di barili equivalenti petrolio.

Le risorse individuate da Apache - suddivise in 3 miliardi di barili di petrolio e 2.100 miliardi di metri cubi di gas - sono per ora soltanto stimate: non è detto che verranno tutte confermate in futuro, né tanto meno che sia possibile - o economico - estrarle tutte. Inoltre la zona in cui si trova Alpine High, finora scarsamente esplorata, non è dotata di infrastrutture per il trattamento, il trasporto e lo stoccaggiodegli idrocarburi.

Si tratta insomma di una nuova frontiera, in cui Apache si propone come entusiasta pioniere. La compagnia - che in borsa a New York è balzata di oltre il 14% alla notizia della scoperta - ha deliberato un aumento immediato del budget per investimenti nel 2016, da 1,8 a 2 miliardi di dollari, con l’intento di dedicarne un quarto proprio ad Alpine High, che comunque non potrà iniziare a produrre prima della seconda metà del 2017.

«È come un’enorme cipolla - dice il ceo John Christmann - ci impiegheremo anni per sbucciarla tutta». Ma Apache riuscirà a vincere la sfida, assicura il manager, rendendo Alpine High in un “game changer” per l’industria petrolifera.

I primi 19 pozzi perforati, da cui è sgorgato più gas che petrolio, hanno dato risultati eccezionali, afferma la società: margini di profitto di almeno il 30%, anche alle attuali quotazioni di mercato. In alcuni casi si sono rivelati così prolifici da consentire di coprire i costi con un prezzo del gas di appena 10 cents per mBtu.

Nel passato, soprattutto nello shale americano, non sono mancate gli annunci di scoperte strabilianti, in seguito rivelatesi dei flop. Alpine High sembra comunque un ritrovamento interessante: ai piedi delle Davies Mountains, nel Texas occidentale, si trova in un’area finora sottovalutata dai geologi, ma contigua al bacino shale di Permian, che ha scatenato una vera e propria febbre tra gli investitori.

La zona si sta rivelando molto più fruttuosa di altre shale play storiche, come Bakken in North Dakota, e consente di fare profitti anche col petrolio sotto 50 dollari al barile, addirittura a 30 $ assicura il ceo di Pioneer Natural Resources, Scott Sheffield.La recente risalita del numero di trivelle negli Usa è quasi esclusivamente trainata da impianti nel Permian Basin, dove le estrazioni di greggio stanno accelerando al punto che nei prossimi mesi, secondo Rystad Energy, potrebbero più che compensare il declino di altre aree. Il risultato sarebbe una complessiva risalita della produzione Usa, con probabili effetti depressivi sul prezzo del petrolio.

Su 27 miliardi di dollari spesi quest’anno in acquisizioni dall’industria petrolifera negli Usa, almeno 12 miliardi hanno riguardato asset nel Permian Basin. L’ultima operazione è stata annunciata martedì da Eog Resources, che ha rilevato Yates Petroleumper 2,5 miliardi proprio per espandersi nella zona. Ma si sono mossi anche i colossi del private equity, tra cui Blackstone Group, facendo schizzare le valutazioni dei terreni a 25-30mila dollari l’acro, con punte fino a 60mila: valori che non si registravano nemmeno quando il barile quotava 10o dollari e passa.

Apache in confronto si è aggiudicata Alpine High per un tozzo di pane. Spendendo appena 1.300 $ per acro, in due anni ne ha acquistati oltre 300mila, ossia 1.214 km quadrati: una superficie vicina a quella del comune di Roma. Potrebbe essere la prossima provincia di un impero che sta già mettendo in serie difficoltà l’Opec.

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