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Quei «turisti» dei bond sottozero

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L'Analisi|l’analisi

Quei «turisti» dei bond sottozero

Mentre le piccole imprese del Vecchio continente ancora soffrono per la carenza di credito, le grandi aziende di tutto il mondo hanno preso l'Europa e la Gran Bretagna come mete preferite per raccogliere fondi a basso costo.
Dato che da giugno la Bce ha iniziato a comprare obbligazioni in euro emesse da aziende (anche internazionali), seguita poi ad agosto dalla Bank of England, le imprese di tutto il mondo hanno preso la palla al balzo: hanno insomma aumentato le emissioni di bond denominati proprio in euro e in sterline.

Una sorta di «turismo finanziario»: le grandi imprese sono arrivate da tutto il mondo per indebitarsi in Europa e in Gran Bretagna, dove i tassi sono molto bassi e dove stanno operando due giganteschi compratori di ultima istanza come le banche centrali. Ennesima dimostrazione del fatto che a beneficiare della politica monetaria ultra-espansiva e dei tassi a zero siano più le grandi aziende (anche internazionali) che le piccole e piccolissime (europee).

Sono i numeri, elaborati per il Sole 24 Ore da Dealogic, a parlare. Quando a marzo Mario Draghi annunciò che la Bce, nell’ambito del quantitative easing, avrebbe presto comprato anche obbligazioni emesse da aziende con rating elevati, è scoppiata la moda di emettere bond denominati in euro. In tutto il mondo. Le imprese non europee (principalmente americane) hanno emesso nei due mesi di aprile e maggio oltre 26 miliardi di euro di obbligazioni denominate in euro: praticamente in soli 60 giorni hanno collocato più bond in Europa di quanto non avevano fatto tra gennaio e settembre (cioè in nove mesi) in sei degli ultimi 10 anni. «Poi il movimento dello swap in euro ha reso meno conveniente questo tipo di operazioni per le imprese americane - osserva Antonio Guadagnino, head of debt capital market corporate di SocGen - e il fenomeno si è ridimensionato».

Ma già, grazie al referendum su Brexit, si stava preparando una nuova opportunità. Quest’estate è stata infatti Bank of England ad annunciare una manovra analoga a quella della Bce: acquisti sui corporate bond, cioè le obbligazioni delle imprese. Così il «turismo finanziario» si è spostato Oltremanica. I numeri in questo caso sono più piccoli, ma il fenomeno - assicurano gli addetti ai lavori - sta iniziando. È il caso, per esempio, della tedesca Henkel, che in questi giorni ha emesso obbligazioni denominate in euro, dollari e sterline. Per non lasciarsi sfuggire nessuna opportunità valutaria.

Bene inteso: le grandi imprese, quelle abituate a emettere regolarmente obbligazioni, hanno sempre sfruttato le occasioni - anche momentanee -in giro per il mondo per raccogliere fondi al costo più basso possibile. È compito di un buon direttore finanziario fare questo, ci mancherebbe altro. Quello che fa riflettere, però, è che la politica monetaria ultra-espansiva finisce per avvantaggiare sempre più chi non ne ha bisogno (le grandi imprese con elevati rating anche estere) rispetto a chi ne avrebbe davvero necessità: cioè le piccole aziende, che in Europa creano l’80% dei nuovi posti di lavoro.

Questo perché il quantitative easing pompa liquidità sui mercati finanziari: chi su questi mercati può accedere direttamente (cioè le grandi aziende) ne beneficia e addirittura riesce ad indebitarsi a tassi negativi; chi invece dipende dal sistema bancario per avere credito (cioè le piccole imprese) resta penalizzato.

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