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Quando martedì scorso alle 12 il responsabile dell’M&A di Mediobanca Francesco Canzonieri è uscito dall’ufficio milanese di Mps di Fabrizio Viola, secondo quanto riferito dal pool di advisor della banca senese, aveva ancora la totale certezza di aver parlato col timoniere della banca dei mesi futuri. Stesso riscontro hanno avuto altri consulenti che sempre martedì hanno parlato con il presidente di Mps Massimo Tononi. Giovedì Viola si è dimesso. Cosa è successo mercoledì? La svolta pare che sia arrivata mercoledì mattina quando il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, stando a quanto trapelato ieri dal vasto team di advisor di Mps, ha chiamato prima Tononi e poi Viola per chiedere il ricambio immediato al vertice dell’istituto senese. Davanti alla richiesta del primo socio della banca (il Tesoro ha il 4% del capitale ed esprime un consigliere di amministrazione), e trattandosi del socio più illustre dato che rappresenta il Governo guidato da Matteo Renzi, il presidente di Mps non ha potuto fare altro che mettere all’ordine del giorno del cda di giovedì scorso le dimissioni dell’amministratore delegato Fabrizio Viola, peraltro da tempo messo in discussione da JP Morgan, banca capofila dell’aumento di capitale programmato fino a 5 miliardi entro fine anno.
Davanti a un input così autorevole, e legittimo proveniendo dal primo azionista della banca, ai vertici e al board di Mps, poco rappresentativo dell’azionariato futuro malgrado le enormi responsabilità che sarà costretto a prendersi nelle prossime settimane, non restava che prendere atto della richiesta di ricambio al vertice. Pare che l’intento delle banche del consorzio di garanzia fosse di avere un avvicendamento immediato, o nello stesso consiglio di due giorni fa o al massimo entro il week end.
Il board di Mps ha invece deciso di dare almeno un’apparenza di rispetto delle regole di governance di una grande società quotata, e quindi di attivare il comitato nomine e un head hunter per la selezione del nuovo ceo che succederà a Viola.
L’iter formale sarà tuttavia breve, anche se una verifica informale in Bce sarà obbligata, ed è probabile che già giovedì prossimo il cda di Mps si riunirà per nominare Marco Morelli, a meno di sorprese in extremis, come successore di Viola. Sul nome di Morelli, che ha anche il gradimento del Governo, ci sarebbe anche già il consenso delle banche d’affari coinvolte nel riassetto di Mps. A suo favore, oltre alla precedente esperienza senese in qualità di cfo (estraneo al sistema Mussari,come dimostrato dalla Procura), conta l’esperienza in grandi banche d’investimento come JP Morgan e Bofa-Merrill Lynch e soprattutto gli anni da banchiere retail alla guida della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, il più grande network di retail banking in Italia. Un mix di esperienze che possono tornare utili alla futura “good bank” di Mps che, dopo le varie cessioni di attività obbligate degli ultimi anni, è e sarà soprattutto una banca concentrata sul credito alla clientela retail e a quella delle piccole e medie imprese. L’impegno immediato richiesto al nuovo ceo sarà quello di tenere compatto un team di management forse traumatizzato dall’uscita di Viola (le banche sono aziende con varie complessità). Ma il compito più gravoso sarà quello di presentarsi al mercato, ormai nel primo trimestre del 2017, con il maxi-piano di rafforzamento patrimoniale basato sull’aumento di capitale a pagamento fino a 5 miliardi concordato con Bce. Una sfida che un ex banchiere d’affari come Morelli è in grado di gestire con abilità. A meno che il suo ex numero uno in Intesa Sanpaolo Corrado Passera, da oltre un mese alle prese col dossier Mps, non rientri in campo a sorpresa. Governo e banche garanti dell’aumento permettendo.
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