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Allarme Aie: la domanda di greggio vacilla

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Allarme Aie: la domanda di greggio vacilla

La domanda di petrolio sta frenando più bruscamente del previsto, mentre la produzione non smette di crescere. La realtà ha tradito le attese dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), costringendola a un’inversione a U nelle previsioni sul mercato: l’eccesso di offerta, dice ora, continuerà anche nel 2017, per il quarto anno consecutivo. Appena un mese fa - sollevando, a onor del vero, qualche perplessità tra gli analisti - la stessa agenzia Ocse aveva dato per imminente l’avvio di un poderoso smaltimento delle scorte.

Il rapido peggioramento dello scenario ha pesato sulle quotazioni del petrolio, che ieri ha perso oltre il 2% (il Brent ha chiuso a 47,10 $/barile). Anche l’Opec lunedì aveva dato previsioni pessimiste sullo smaltimento del surplus, mettendo l’accento soprattutto sulla resistenza dei produttori concorrenti, che nel 2017 potrebbero tornare ad espandere l’output (si veda il Sole 24 Ore di ieri).

Per l’Aie, che rappresenta i maggiori paesi consumatori di greggio, la fonte di maggiori preoccupazioni è la domanda. «I recenti pilastri della sua crescita, la Cina e l’India, stanno traballando», affermano i suoi esperti, sottolineando che anche in Europa i consumi per la prima volta in un anno e mezzo stanno di nuovo in declino.

In termini assoluti, in realtà , la domanda non appare in pessima forma: per il 2016 l’Aie anticipa tuttora un incremento di 1,3 milioni di barili al giorno, seguito da un +1,2 mbg nel 2017. Rispetto a un mese fa ha tuttavia dovuto tagliare le stime perché nel trimestre in corso - quello estivo, che normalmente fa volare i consumi di benzina nell’emisfero nord - la domanda è cresciuta a sorpresa al ritmo più basso da 2 anni:  intorno a 1,1 mbg invece degli 1,4 mbg che l’Aie si aspettava.

«Lo stimolo derivante dal basso prezzo dei carburanti si sta attenuando», osserva l’Agenzia. Per quanto riguarda il greggio, sono invece le raffinerie a mostrare la corda: con margini non più ricchi come un tempo, a livello globale le lavorazioni sono crollate ai livelli più bassi da un decennio.

Gli stessi esperti dell’Aie non nascondono lo stupore: «Col prezzo del petrolio agli attuali livelli ci si aspetterebbe che l’offerta si contraesse e che la domanda crescesse con forza, invece sembra che stia accadendo il contrario».

I consumi che perdono vigore sono in effetti solo una faccia del problema. Ad agosto l’offerta globale di petrolio risultava inferiore di appena 300mila bg rispetto a un anno fa (in tutto 96,9 mbg), osserva l’Agenzia, e le scorte nei paesi Ocse continuavano a salire, ben oltre il record di oltre 3,1 miliardi di barili raggiunto in luglio.

L’anno prossimo potrebbe andare addirittura peggio. L’Aie prevede infatti che la produzione non Opec risalirà di 380mila bg. Il calo di quest’anno d’altra parte, stimato di 840mila bg, è stato compensato quasi del tutto dall’Opec, che almeno su questo fronte è riuscito nei suoi intenti: ha sostituito con barili propri ogni barile al quale la concorrenza ha dovuto rinunciare.

L’Arabia Saudita in particolare ha riconquistato lo scettro di regina dei produttori, che gli Stati Uniti dello shale oil le avevano sottratto dal 2014: da maggio, evidenzia l’Aie, Riad ha aumentato le estrazioni di 400mila bg, mentre gli Usa hanno chiuso 460mila bg di produzione ad alto costo. Ora la produzione americana è di 12,2 mbg (compresi biofuel e altri liquidi), quella saudita 12,58 mbg.

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