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Scandali finanziari, conto da 235 miliardi di dollari

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Scandali finanziari, conto da 235 miliardi di dollari

Le truffe sui mercati finanziari sembrano non avere fine. L'ultimo caso è quello della banca statunitense Wells Fargo sanzionata per 185 milioni di dollari dalle autorità americane per le pratiche illecite ai danni dei correntisti: conti correnti aperti all'insaputa dei clienti, carte di credito attivate senza autorizzazione, e-mail false per registrare nuovi iscritti ai servizi bancari online. Dallo scoppio della crisi finanziaria, il mercato sembra immune alla massa di regolamenti introdotti dalle autorità americane ed europee per limitare comportamenti fraudolenti. Uno sforzo che non sembra sia servito da deterrente per trader e banker: è stato calcolato che negli ultimi sette anni, le 20 principali banche al mondo hanno pagato multe per 235 miliardi di dollari e le prime 4 banche britanniche hanno dovuto sborsare 50 miliardi di sterline.

Sono passati anni dagli scandali di Enron, Worldcom, Parmalat eppure i mercati finanziari sembrano non avere imparato dalla storia recente, oppure dimenticano troppo in fretta. Insider trading, aggiotaggio, truffa, evasione fiscale, falsificazione dei bilanci sono alcuni dei casi che hanno interessato le cronache finanziarie degli ultimi anni. Un problema sentito dall'industria finanziaria al punto che l'Icma (International Capital Market association) una delle principali associazioni delle banche del capital market ha organizzato un workshop per i suoi associati: “Ethics and the Capital Markets per promuovere e salvaguardare l’integrità dei mercati.

L’attenzione dei media su scandali e truffe del mondo finanziario è sempre alta: secondo the Institute of Busness Ethics, un'organizzazione inglese che promuove gli standard corretti di business, nel 2014 la stampa britannica ha pubblicato 181 articoli su casi di finanza “malata” di cui un terzo dedicato al settore retail. Tra i più controversi che ha coinvolto le autorità inglesi e americane, quello sulla manipolazione dei tassi Libor per il quale l'ex trader di Ubs Tom Hayes è stato condannato in appello dal Tribunale inglese a 11 anni di carcere e a una multa di 878mila sterline. Per lo stesso caso Citigroup ha accettando di pagare una sanzione da 425 milioni di dollari, lo scorso anno altre banche avevano accettato di versare alle autorità americane miliardi dollari per archiviare le accuse pendenti nei loro confronti.

Il Giappone non è immune dagli scandali come nel caso della multinazionale Toshiba smascherata per avere gonfiato i profitto per oltre 1,2 miliardi di dollari nell'arco di sette anni. Immediate le dimissioni del presidente e di otto membri del consiglio di amministrazione.
Nella lista delle pratiche se non illegali poco etiche, sono annoverati i casi delle multinazionali che basano la sede legale in paesi con una tassazione vantaggiosa per motivi fiscali. La Apple, ad esempio, è stata condannata dalla Commissione europea al pagamento all'Irlanda di tasse arretrate per 13 miliardi di euro. Altri nomi di major americane sono balzati all’attenzione dei media britannici da Starbucks, a Google e Amazon per l'utilizzo “legale” di sedi fiscali e complicate strutture societarie con lo scopo di contenere il peso della tassazione.

Nell’elenco delle pratiche poco “etiche” non vengono escluse le operazioni di mercato come i buy back, utilizzati anche per fare salire il prezzo delle azioni: soltanto nel 2011 le società non finanziarie hanno ritirato azioni per 2,2 mila miliardi di dollari pari al 9% della capitalizzazione mondiale, un meccanismo che aiuta ad aumentare il valore delle stock option detenute dai manager.
C’è poi il capitolo della Corporate social responsability che troppo spesso nasconde altre responsabilità. Un caso per tutti quello di Volkswagen coinvolta nello scandalo diesel gate: il gruppo automobilistico tedesco era annoverato tra le prime 10 società al mondo per le buone pratiche di responsabilità sociale, un rating ora difficile da sostenere.

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