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Quando incertezze e volatilità «colpiscono» anche i bond Usa

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Obbligazionario

Quando incertezze e volatilità «colpiscono» anche i bond Usa

«Market tantrum». Il mercato fa le bizze. Se il comportamento sembra poco addirsi a una piazza globale decisamente adulta come i Treasuries - 13.500 miliardi di dollari - la definizione è azzeccata. Domina la volatità, le brusche oscillazioni, la volontà di mettere alla prova soglie di resistenza con l’impeto d’un adolescente che contesta l’autorità costituita. In questo caso, gli amletici dati economici e l'altrettanto amletica Federal Reserve che, al termine di un vertice di due giorni, mercoledì prossimo offrirà il suo ultimo vaticinio su economia e tassi tra crescenti richieste di chiarezza.

I titoli decennali di riferimento del debito pubblico americano hanno visto i rendimenti, che si muovono inversamente ai prezzi, passare da una stagnazione a minimi quasi surreale - prigionieri di una fascia di oscillazione tra l’1,5% e l’1,6% durante l’estate, la banda più ristretta in anni - a impennate all’1,75 per cento. E restano adesso attorno all’1,7%, sfidando cioè la soglia di resistenza considerata all'1,69% e lasciando aperti gli interrogativi sulla loro prossima mossa.

Goldman Sachs li vede salire ancora fino al 2% entro fine anno. «Viviamo in territori di frontiera», commenta Mark Grank, specialista nel reddito fisso di Hilltop Securities e che fino a poche settimane or sono ancora scommetteva su continui boom dei titoli del Tesoro nonostante i rischi che siano ormai in pericoloso «territorio» di bolla speculativa, tenuti a galla dal mare di liquidità tuttora mobilitato dalle politiche accomodanti della Banche centrali e sensibili a terremoti in caso di ritiri a sorpresa o fallimenti delle strategie di stimolo.

Certo, i titoli del Tesoro americani promettono di rimanere un rifugio sicuro e desiderato, agli occhi di investitori americani e internazionali, in un'era dell’incertezza economica. E rendimenti negativi e pressioni per politiche più accomodanti altrove mentre la Federal Reserve potrebbe alzare i tassi più tardi e lentamente di quanto immaginato promettono di offrire sostegno.

All’interno di questo mercato, però, ormai si intravvedono da tempo tensioni, anche se a volte sono passate in secondo piano rispetto alle altalene degli indici di Borsa. Con i titoli a lunga che dovrebbero reggere meglio di quelli a breve, dalla fine del mese scorso la curva dei rendimenti tra titoli decennali e quinquennali si è fatta più ripida, passando da 102 punti base a 130 e ora si trova a 123. In particolare, le azioni e le parole della Fed, presa tra intenzioni di normalizzare i tassi e preoccupazioni di non danneggiare l'espansione, appaiono cruciali. Gli operatori al momento non sono neppure del tutto convinti che Janet Yellen e i suoi colleghi decidano una nuova stretta a fine anno, con le chance oscillando attorno al 50 per cento.

E la Fed li tiene sulle spine, con comunicazioni criticate come confuse e che appaiono suggerire interventi e poco dopo smentirli, dalle promesse aggressive al Simposio di Jackson Hole alle successive ritirate. Un grande fondo come Vanguard ha indicato con stizza che il mercato, per operare con una più chiara direzione, avrebbe bisogno di maggiori e migliori indicazioni sulla rotta piuttosto che essere costretto a indovinare che cosa farà la Fed di vertice in vertice.

I Treasuries, olretutto, trovano nuova concorrenza sul fronte obbligazionario. Hanno nel recente passato perso parte dell’attrattiva a vantaggio dei segmenti di maggior qualità - e comunque più redditizi - dei bond aziendali. Ad oggi, nel 2016, il debito pubblico americano ha infatti offerto complessivamente un rendimento del 5,4%, meno del 9,2% guadagnato dai corporate bond di alta qualità. Una situazione invertita rispetto all’anno scorso, quando i treasuries avevano invece guadagnato l'1% e i corporate perso altrettanto.

Per i titoli del Tesoro potrebbe prendere così corpo una fase di declino dei prezzi e aumento dei rendimenti, idealmente graduale ma esposta a significativi shock. Anche se appare difficile che si avveri lo scenario più drammatico, caratterizzato da inattese impennate dell'inflazione e conseguenti aggressivi rialzi del costo del denaro. Assai più probabile è un sostanziale e continuo sforzo di stimolo da parte delle banche centrali internazionali - compresa una Fed cauta - seppur di dubbia efficacia.

L’outlook dei titoli del Tesoro americano è così il risultato di miglioramenti solo relativi messi a segno dall’espansione statunitense e contenuti nelle statistiche congiunturali. «Il mondo rimane caratterizzato da rendimenti molto bassi», ha commentato Mark Kiesel di Pimco, il colosso dei fondi obbligazionari. Ma gli interrogativi, semmai, aumentaranno e riguardano sempre più le incognite della politica monetaria. Abbastanza da complicare il presente e il futuro dei Treasuries e da aumentare la domanda non sono di trasparenza ma di certezze rivolta alla Federal Reserve guidata da Janet Yellen a cominciare dai giorni a venire.

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