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Fusione Bpm, prove di dialogo con i soci

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Fusione Bpm, prove di dialogo con i soci

  • –Luca Davi

A tre settimane dall’assemblea per la fusione con il Banco, in casa Bpm si cerca la strada del dialogo. Un percorso non facile, quello scelto dall’amministratore delegato Giuseppe Castagna, ma che potrebbe proseguire fino all’ultimo per appianare le divergenze con l’anima del corpo sociale più avversa all’aggregazione con Verona, ovvero i soci pensionati. In questo quadro si inserisce l’incontro di ieri a Milano tra lo stesso manager, accompagnato dal presidente del Consiglio di Gestione Mario Anolli, e circa 300 soci pensionati, molti dei quali vicini alle associazioni Lisippo e Patto per la Bpm.

Al termine dell’appuntamento, dai toni comunque pacati e con voglia di capire, le distanze tra le parti sembravano permanere. Giovanni Bianchini, presidente dell’Associazione Lisippo, resta contrario alla fusione. «Castagna ha fatto appello agli aspetti di fede nei suoi confronti, ha detto che quella con il Banco Popolare era l’unica strada possibile e dunque niente di nuovo sotto il sole», ha detto al termine dell’incontro, che ha ricordato di essere riuscito ad ottenere tramite l’associazione «fino a mille firme contro la legge ammazza-popolari».

Più conciliante la posizione di Assopensionati Bpm, che pur non dando indicazioni di voto agli azionisti, come ha dichiarato dal presidente dell’associazione Elio Canovi («Assopensionati non si occupa dei problemi societari»), ha definito l’incontro odierno «una buona riunione, perché abbiamo avuto una buona presentazione». Nei prossimi giorni potrebbe manifestare una posizione ufficiale anche il Patto.

Chi si aspettava sviluppi clamorosi dall’incontro di ieri tuttavia è rimasto deluso. Durato oltre 4 ore, l’appuntamento a porte chiuse è servito piuttosto al management per ascoltare i dubbi dei soci e spiegare la ratio di un’operazione che, se tutto filerà liscio il 15 ottobre, creerà il terzo gruppo bancario italiano alle spalle di Intesa e UniCredit, con 113 miliardi di crediti verso la clientela e 4 milioni di clienti, un miliardo di utili attesi al 2019. Dopo una presentazione del piano industriale da parte di Castagna, la parola è passata ai soci pensionati. Una ventina di interventi, alcuni di quali anche accorati, in cui i soci hanno espresso le loro perplessità rispetto all’operazione. Richieste di chiarimenti sono arrivate in particolare sul tema del rapporto di concambio con il Banco Popolare, giudicato svantaggioso, sulle motivazioni della scelta del partner industriale («meglio Ubi o l’autonomia», era il refrain) e sulle garanzie rispetto ad aspetti di welfare interno, come la Cassa assistenza e la mensa aziendale. Castagna e Anolli, da parte loro, hanno ripercorso le tappe che hanno portato al deal con gli scaligeri, hanno ribadito la necessità di una fusione per fare sinergia in un settore dove le dimensioni contano sempre di più, e assicurato che si sta lavorando per «fare il possibile» per mantenere i benefit in prospettiva.

Quella con il Banco è «un’operazione industriale buona. È l’unica operazione di crescita in un periodo così critico per il sistema bancario. Per gli azionisti di Bpm è un’operazione fantastica, speriamo di convincere tutti», ha detto ieri Castagna. Al termine dell’incontro il consigliere delegato si è detto «fiducioso» di un’approvazione della fusione con il Banco Popolare, progetto su cui «ci giochiamo molta credibilità».

In vista di un’assemblea il cui esito rimane comunque incerto - visto l’esercizio di (potenziali) 10 deleghe a testa da parte dei pensionati - Castagna ha comunque evocato l’importanza del «dialogo». L’assemblea è sempre «complessa» ma «l’importante è che la gente arrivi consapevole e non guidata dalla pancia» ha detto Castagna al termine dell’incontro. Il manager ha ringraziato i pensionati «per averci ascoltato e aver permesso un dialogo costruttivo» e si è detto pronto a «ulteriori momenti di dialogo».

Ieri intanto la banca ha annunciato che il Cdg ha approvato lo scorporo della rete di 637 sportelli, che verrà conferita alla Banca Popolare di Mantova, istituto controllato con il 94,7% del capitale. Bp Mantova al termine dell’operazione cambierà denominazione in Banca Popolare di Milano, e fungerà, come previsto, da banca-rete, secondo lo schema previsto nell’ambito dell’accordo di integrazione tra Bpm e Banco Popolare.

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