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Lotta all’evasione, 2 miliardi dall’Iva oltre 1,5 dalla…

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lO SCENARIO

Lotta all’evasione, 2 miliardi dall’Iva oltre 1,5 dalla voluntary-bis

Una nuova stretta sull’evasione Iva che potrebbe valere fino a 2 miliardi di euro. Somma, se aggiunta al miliardo e mezzo e passa di maggiori entrate stimate con la riedizione della voluntary disclosure, che porterebbe a 3,5-4 miliardi complessivi la dote da iscrivere nella prossima legge di bilancio e nella Nota di aggiornamento al Def (NaDef) sotto la voce “lotta all’evasione”. La NaDef è in via di definizione e dalle nuove stime, in primis quelle di Pil e deficit, dipende l’entità finale della prossima manovra, che al momento oscilla tra i 22 e i 25 miliardi, anche se sulla base del confronto con Bruxelles l’impatto si potrebbe ridurre. La strada imboccata dai tecnici di Palazzo Chigi e da quelli del Mef per ridurre la fuga dall’Iva è quella delle comunicazioni di tutti i dati delle fatture emesse e incassate. Una fotografia reale dei movimenti di tutte le imprese, grandi e piccole, e dei sei milioni di partite Iva in grado di mettere fine soprattutto al fenomeno dei cosiddetti “missing trader”. La chiave di volta starebbe nell’obbligatorietà di queste comunicazioni lasciando opzionale la fatturazione elettronica, oggi non obbligatoria per espresso divieto comunitario. Un cambio radicale dell’attuale “spesometro” che da annuale passerebbe a una cadenza trimestrale e, soprattutto passerebbe da cumulato con deroghe e limiti di esclusione ad analitico e obbligatorio per tutti. In questo modo il Fisco avrebbe in mano, in tempi ristretti rispetto al verificarsi “dell’evasione” un titolo con cui poter contestare gli omessi versamenti dell’imposta sul valore aggiunto prima che l’evasore scappi per sempre.

L’operazione è ancora tutta da definire nei tempi e nelle modalità operative, anche perché l’invio trimestrale dei dati rappresenta per imprese e consulenti un aggravio di oneri. Tant’è vero che c’è chi propone, in alternativa, un invio annuale senza deroghe e con invio di dati analitici, già con riferimento all’anno 2016, con una valutazione di efficacia a posteriori.

Ma, salvo ripensamenti e complicazioni dell’ultima ora, le comunicazioni Iva troveranno posto nella legge di bilancio 2017-2019. A completare la voce “lotta all’evasione” ci penserà, poi, la voluntary bis. Una riedizione dell’operazione rientro dei capitali con stesse modalità e regole (sanzioni e interessi inclusi) che andrebbe a coprire operazioni di trasferimento illecito di beni all’estero dal 2009 (anno ormai prescritto) fino al 2015. L’operazione potrebbe assicurare, e sarebbe già un grosso successo, un miliardo e mezzo di nuove entrate. Che potrebbero salire se i tecnici riusciranno a definire una modalità accettabile, giuridicamente ed eticamente, per la voluntary domestica, ossia la definizione dei valori e dei contanti custoditi nelle cassette di sicurezza.

Complessivamente con la prossima manovra il Governo dovrebbe recuperare autonomamente risorse per circa 8 miliardi, una fetta consistente delle quali verrebbe impiegata, insieme al maggior deficit realmente utilizzabile, per disinnescare le clausole di salvaguardia fiscali da oltre 15 miliardi. Ai 3,5-4 miliardi dalle misure di contrasto dell’evasione fiscale se ne dovrebbero aggiungere circa altrettanti dalla ”fase 3” della spending review. Con la possibilità di salire a 4,5-5 miliardi nel caso in cui da Bruxelles dovesse arrivare uno stop allo scorporo dai vincoli del Patto di stabilità europeo di una quota di risorse pari a 0,4 punti di Pil (quasi 7 miliardi) legate al “post-terremoto” e alla questione migranti.

Della dote che dovrà essere garantita dalla nuova fase di revisione della spesa circa 500 milioni dovrebbero arrivare dall’attuazione della riforma della pubblica amministrazione, a cominciare dal riordino delle partecipate. Il rafforzamento del processo di centralizzazione degli acquisti Pa, sulla base del “modello-Consip” con la riduzione a sole 33 stazioni appaltanti, dovrebbe produrre nuovi risparmi per 1-1,2 miliardi (due terzi dei quali dal processo di razionalizzazione delle forniture sanitarie). Che si andranno ad aggiunge agli ulteriori 600 milioni di minore spesa nel 2016 realizzati da Consip rispetto all’obiettivo di 1 miliardo fissato con l’ultima legge di Stabilità.

Altri due miliardi dovranno arrivare dall’opera di ottimizzazione dei bilanci e dei fondi gestititi direttamente e indirettamente dai ministeri. Due le opzioni. La prima prevede una minor crescita del Fondo sanitario nazionale di un miliardo rispetto al target previsto con ulteriori potature selettive dei budget dei dicasteri per un altro miliardo. La seconda opzione poggia su intervento più massiccio sui bilanci ministeriali, ma senza toccare il “Fondo sanità”, accompagnato da misure con una ricaduta di diverso tipo sulle Regioni.

Il pacchetto complessivo potrebbe prevedere altri micro-interventi fiscali per 500 milioni ma non comprenderebbe un intervento sulle tax expenditures da sempre poco gradito a Palazzo Chigi perché potrebbe essere letto come un modo artificioso di aumentare il peso fiscale. Sul fronte della spending review l’orientamento è di non superare quota 3,5-4 miliardi anche per evitare il rischio di ricadute di tipo recessivo. La prossima manovra dovrebbe comunque recepire le indicazioni della recente riforma del bilancio rendendo permanente la revisione della spesa (orizzonte pluriennale).

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