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Modello Eni per lo sviluppo sostenibile dell’energia

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Materie prime

Modello Eni per lo sviluppo sostenibile dell’energia

  • –Celestina Dominelli

PARIGI

Sullo sfondo, la decisione del vertice Opec di Algeri di tagliare la produzione che raccoglie il plauso del numero uno di Eni, Claudio Descalzi. «È un fatto molto importante e un buon risultato perché da due anni non si vedeva l’organizzazione decidere insieme». E nel presente, ma, soprattutto, nel futuro del gruppo, la volontà di continuare a spingere su quel binomio, da sempre nel suo dna, che coniuga, da un lato, solidità finanziaria e, dall’altro, sostenibilità sociale e ambientale. Così, ieri, nel cuore della capitale francese, davanti una quarantina di investitori istituzionali (il 6% del capitale), oltre che analisti e addetti ai lavori, riuniti da Kepler Cheuvreux, l’ad del gruppo ha illustrato l’evoluzione di quel modello integrato che punta allo sviluppo sostenibile delle risorse energetiche e che tiene conto di uno scenario profondamente cambiato in cui, ricorda Descalzi, la popolazione mondiale crescerà nei prossimi decenni di quasi due miliardi e la domanda di energia finirà praticamente per raddoppiarsi.

Parigi

«La sfida cruciale del settore energetico - esordisce l’ad - è il bilanciamento tra la massimizzazione dell’accesso all’energia (ci sono ancora 1,3 miliardi di persone senza elettricità, la metà delle quali nell’Africa sub-sahariana, ndr) e la lotta al cambiamento climatico». Un obiettivo ambizioso, al quale l’Eni intende contribuire implementando ancora quella strada che sfrutta un mix interno fatto di competenza e innovazione, gestione dei rischi e compliance, e che fa leva su tre assi: il modello di cooperazione volto a supportare lo sviluppo delle comunità locali; il modello operativo che punta a minimizzare rischi nonché impatti sociali e ambientali delle attività; e, infine, un percorso serrato verso la decarbonizzazione.

Insomma, la filosofia di fondo è chiara: il business va declinato non guardando solo ai bilanci, ma considerando tutta una serie di variabili, a partire, come detto, dalla necessità di supportare le aree in cui il gruppo opera. E qui il ceo, affiancato da Roberto Casula, chief development operations & technology officer, rammenta tutti i progetti che l’Eni ha sviluppato in Africa per sostenere le popolazioni locali e garantire quell’accesso all’energia che ancora manca in buona parte di quel continente. Due casi su tutti: la Libia, dove il Cane a sei zampe fornisce quasi interamente il gas che fa andare le centrali elettriche libiche (oltre 5 miliardi di metri cubi l’anno); e poi l’Egitto con tutto il gas prodotto dal gruppo che resta nel paese e con il mega-giacimento di Zohr che darà una spinta cruciale all’indipendenza energetica egiziana. L’impegno, dunque, è nei fatti e, anche al di fuori dell’energia, l’Eni ha messo in campo uno sforzo consistente: 600 milioni di dollari, tra il 2010 e il 2015, per supportare diversi progetti locali e «nei prossimi quattro anni - si sottolinea - il gruppo manterrà il medesimo livello di investimento per arrivare ad un miliardo di euro di investimenti nel periodo 2010-2019».

Il secondo asse rinvia invece al modello operativo che tiene insieme il business, trainato dall’esplorazione - che ha proiettato l’Eni al top del settore con 12 miliardi di barili di risorse scoperte negli ultimi 8 anni - e puntellato da uno stretto controllo dei rischi, oltre che dell’impatto sociale e ambientale, e da una stringente valutazione di costi ed esecuzione dei progetti. E, su questo fronte, interviene anche la presidente Emma Marcegaglia che, sollecitata da alcuni investitori, ricorda altresì tutto il lavoro fatto sull’anti-corruzione: «È un pilastro della società e su questo l’attenzione del board è molto forte».

La strada, quindi, è tracciata e,nel perseguirla, il gruppo è deciso a raggiungere i propri obiettivi di decarbonizzazione giocando su un mix di gas e rinnovabili, l’unico, ribadisce con forza Descalzi, che può garantire la transizione verso un’economia a più basse emissioni. E qui la strategia del Cane a sei zampe fa leva su un’organizzazione molto stringente - nel 2015 il gruppo ha creato anche una direzione energy solutions, affidata alla responsabilità di Luca Cosentino - e sul lancio di una serie di progetti sulle rinnovabili («lavoriamo in una prospettiva di lungo termine», è il mantra) e di altri già in canna: sei decisioni finali d’investimento sono attese entro la fine di quest’anno per complessivi 150 MWp, con impianti che saranno completati e connessi alla rete tra fine 2017 e inizio 2018.

Poi, a margine, l’ad è tornato su Goliat dopo il breve stop della produzione nelle scorse settimane.«Siamo molto contenti, non ci sono problemi, nessun altro diventerà operatore, rimarremo lì fino all'ultima goccia di petrolio». Quanto al passo indietro del ministro dell’Energia mozambicano, Pedro Couto, non ci sarà «alcun impatto» sulle attività dell’Eni nel giacimento di Coral.

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