Ma è proprio vero che nel trading gli algoritmi battono regolarmente l'uomo? Che la capacità spaventosamente superiore delle macchine di processare informazioni ha condannato l’essere umano a fallire sui mercati, costringendolo ad affidarsi ai robot? Macché: nel trading è ancora l’homo sapiens a battere le macchine, ma solo se si affida nel modo giusto al suo cervello e al suo istinto. Queste le conclusioni di un recente studio scientifico condotto da neuroscienziati delle università di Cambridge e del Sussex in Inghilterra e dell’australiana Queensland University of Technology.
La ricerca è stata condotta monitorando un gruppo di 18 hedge fund trader londinesi, in realtà tecnicamente “scalper” poiché effettuano decine e decine di operazioni al giorno, sul filo dei secondi. I neuroscienziati volevano soffermarsi in particolare sulla relazione tra quello che avveniva nel corpo dei trader (per esempio la frequenza del battito cardiaco rilevato in diversi momenti del giorno e in differenti fasi di stress) e le loro reazioni sui mercati. Il risultato è che i migliori trader del gruppo erano proprio quelli più in grado di “ascoltare” i segnali del proprio corpo, “collegandoli” al volo con il cervello e operando sui mercati di conseguenza.
«La condizione psicologica dei trader ha enormi effetti sul loro successo e sulla loro stessa sopravvivenza sui mercati», spiega John Coates, co-autore della ricerca nonché ex trader sui derivati per Morgan Stanley, Goldman Sachs e Deutsche Bank, ora ricercatore in Neuroscienza e Finanza all’Università di Cambridge. «La ricerca accademica sulla finanza è così focalizzata sul ragionamento logico da aver completamente dimenticato la vita reale - sottolinea l’ex trader - che prende forma nel dialogo tra cervello e corpo”. Ed è un bene, prosegue Coates, che dopo «aver passato anni a studiare algoritmi ora la finanza stia cercando di migliorare i trader in carne e ossa».
Sì perché «se consideriamo la mente umana come un software dobbiamo concludere che l’uomo è condannato - riflette l’ex responsabile del trading desk di Deutsche Bank a Wall Street - ma se invece accettiamo che corpo e cervello funzionino come una sola cosa dobbiamo convenire che siamo stati “costruiti” per una rapida individuazione dei segnali di mercato. E che possiamo competere con le macchine».
Anche precedenti studi scientifici sui trader avevano mostrato come il focalizzare il cervello sui segnali del proprio corpo porti lontano da pericolosi “gioco d'azzardo” sui mercati, aumentando di conseguenza il controllo del rischio e la possibilità di ritorni positivi dall’operatività in Borsa.
© Riproduzione riservata