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Per il piccolo investitore meglio il buy and hold

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Risparmio

Per il piccolo investitore meglio il buy and hold

La finanza sembra premiare di più il risparmiatore che segue la strategia del “buy and hold” non lasciandosi influenzare dagli andamenti fluttuanti dei mercati azionari e dai suoi alterni sentimenti di paura ed avidità. Insomma, stare alla larga dal market timing è decisamente meglio.L’ufficio studi di Money Farm (www.moneyfarm.it) ha analizzato da un punto di vista statistico, quanto avvenuto sui mercati azionari internazionali nel corso delle ultime decadi. Certo gli andamenti storici non sono rappresentativi di quanto potrebbe avvenire in futuro, ma offrono una prospettiva sulla probabilità degli accadimenti.
L’esempio degli ultimi 30 anni sullo S&P... . Negli ultimi 30 anni l'S&P500 ha ottenuto una performance complessiva (in dollari) dell'867% - passando dai 211 punti del 31 dicembre 1985 ai 2.044 di fine 2015 - e media annua del 7,86 per cento. Tuttavia, se nel corso di queste tre decadi si fossero persi i migliori 12 risultati mensili dell'indice (che da soli hanno apportato quasi un 200%), la performance totale sarebbe più contenuta, +224%, mentre quella annua sarebbe quasi dimezzata, attestandosi a un +4,14 %.
....Ed in Europa. In 30 anni il Dax ha messo a segno un +686% (+7,12% il dato medio annuo), ma anche in questo caso, al netto dei migliori 12 mesi (+435%), il risultato complessivo scivolerebbe a un +47% totale, vale a dire solo l'1,34% annuo. Ancora peggio sarebbe andata agli sfortunati investitori sul mercato azionario italiano: il +166% del Comit globale, decurtato dei 12 migliori risultati mensili (pari al 638% complessivo), porterebbe a una perdita complessiva del 64% circa (-3,5% annuo in media). Perdita che si avrebbe anche sull'EuroStoxx (di cui è stata ricalcolata la serie storica fino al 1987): in 29 anni al netto del +277% accumulato nei 12 mesi migliori, la performance complessiva del 262% delle blue chip dell'Eurozona scivolerebbe in rosso del 3,9% (-0,14% annuo).
Che cosa è accaduto durante 15 anni di volatilità. Se si dimezza l'intervallo temporale (da fine 2000 a fine 2015), nonostante la volatilità storica annualizzata sia molto simile nei due intervalli di tempo considerati (30 e 15 anni), eliminando dagli ultimi 15 anni di Borsa i 12 migliori mesi, nessuno dei quattro panieri considerati nella statistica evidenzierebbe performance positive: si andrebbe dal -41,6% dell'S&P500 al -58,7% del Dax per finire con il -80% circa di Comit ed EuroStoxx50. Questi due ultimi indici, addirittura, hanno un risultato storico complessivo che è già negativo sui 15 anni (per entrambi un calo di oltre il 30%), ma l'aver perso 12 mesi di performance positive porterebbe a una perdita più che doppia.

S&P, FTSEMIB, EUROSTOXX E DOW JONES NELGLI ULTIMI 10 ANNI

Lo studio di MoneyFarm.Tutti i risultati finora osservati derivano dal presupposto di rimanere “non investiti” per un mese intero alla volta. Un intervallo forse eccessivo - anche se in realtà molto dipende dalle abitudini di investimento di ogni singolo individuo - e che, ai fini di un nuovo studio statistico può essere abbreviato a semplici settimane (immaginando ad esempio che, dopo aver visto un movimento di forte rialzo, la tentazione sia quella appunto di correre a investire per cogliere il “momentum”). È stato così immaginato il solito investimento trentennale sui quattro panieri borsistici principali al netto delle 12 migliori settimane, ipotizzando quindi di non essere investiti per circa tre mesi su 360 complessivi, vale a dire per meno dell'1% del tempo. I risultati complessivi sono appena meno eclatanti di quelli visti sui 30 anni ma comunque molto significativi.

S&P, FTSEMIB, EUROSTOXX E DOW JONES NELGLI ULTIMI 2 ANNI

Stare alla larga dal market timing. Per rendere ancora più stringente il ragionamento MoneyFarm ha fatto un ultimo test, andando a calcolare l'impatto delle 10 migliori giornate borsistiche su un investimento pur pluriennale: in teoria dovrebbe essere un'inezia considerando che 10 sedute di Borsa su 30 anni (vale a dire oltre 7.500 sedute) o anche, nella versione ridotta, su 15 anni (oltre 3.700 giorni di Borsa) valgono rispettivamente lo 0,13 e lo 0,27% circa degli intervalli temporali considerati. Nonostante tutto, però, queste poche sedute impattano notevolmente sul risultato complessivo: sono infatti sufficienti a ridurre di un terzo il guadagno medio annuo sull'indice statunitense (dal 7,86 al 5,27%), del 40% sul Dax (dal 7,12 al 4,22%) e di decurtare Comit ed EuroStoxx di oltre il 60% del rialzo della performance annua (dal 3,32 all'1,22% per l'indice italiano e dal 4,54 all'1,65% per quello europeo). Ma anche guardando gli ultimi 15 anni i dati non si modificherebbero molto: pure in questo scenario sarebbero infatti sufficienti questi 10 giorni per portare in negativo la performance ottenibile su S&P500 e Dax e ad aggravare ulteriormente le perdite su Comit ed EuroStoxx50. Insomma, per un risparmiatore con un orizzonte temporale pluriennale meglio stare alla larga dalle tecniche tipiche del day trader.

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