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UniCredit, dopo Fineco occhi su Pekao

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UniCredit, dopo Fineco occhi su Pekao

Dopo Fineco, gli occhi su Pekao. È l’altra cessione, probabilmente l’unica, che UniCredit potrebbe finalizzare di qui a dicembre, cioè alla presentazione del nuovo piano industriale. Che svelerà il modello di business ideato in questi mesi da Jean Pierre Mustier e con esso il perimetro societario di cui avrà bisogno il gruppo per estrarne tutto il valore. Prima di allora, per puntellare i suoi requisti patrimoniali anche in vista dell’ormai prossimo aggiornamento delle soglie Srep, il manager francese potrebbe liquidare ciò che è più facilmente liquidabile: la controllata polacca Pekao, quotata proprio come Fineco e quindi di più agevole smobilizzo rispetto agli altri asset, tipo Pioneer.

Ieri sul mercato e tra gli operatori ha tenuto ancora banco il collocamento del 20% di Fineco, operazione lampo condotta mercoledì che lascia a UniCredit il 35%, quanto basta a controllare e consolidare la banca multicanale, e nei fatti la toglie dagli oggetti in vendita. L’ipotesi, esplorata nelle settimane scorse, si è scontrata contro gli stretti legami che vincolano controllante e controllata (che deve il 30% dei suoi utili proprio ai bond UniCredit) e hanno ridimensionato le offerte degli eventuali pretendenti, lontane dai 2 miliardi a cui puntava il gruppo.

Sulla quota della capogruppo c’è un lock up di un anno (aggirabile solo previo consenso di Ubs) e la prospettiva di una maggiore stabilità ha spinto il titolo Fineco, tra i migliori di Piazza affari con un +5,5%. Meno bene UniCredit, in calo del 3,6%, che tuttavia dall’operazione ha incassato 552 milioni (qualcosa in più rispetto alle premesse iniziali) e 12 punti base in più ai fini del Common equity tier1: un tesoretto da esibire, anche se per il momento “pro forma”, quando tra un mese verranno comunicato i dati al 30 settembre e più o meno negli stessi giorni la Bce trasmetterà le nuove soglie Srep.

L’operazione - avvenuta al prezzo di 4,55 euro per azione - di mercoledì segue quella di luglio, quando sul mercato era finito un altro 10% della banca quotata nel 2014. In quel caso il prezzo era stato più alto (il titolo d’altronde viaggiava ampiamente sopra i 5 euro), ma pure lo sconto: questa volta si è fermato al 5%, con un book coperto interamente dopo solo 20 minuti dal lancio grazie a richieste pari a quattro volte l’offerta, con il collocamento che è avvenuto prevalentemente presso fondi di investimento esteri.

Per lo più positivi i commenti degli analisti. La cessione del 20% «aumenta il flottante di Fineco e nel frattempo - sottolinea Banca Imi in un report - scompare la pressione sul prezzo dovuta ai timori di una possibile vendita da parte di Unicredit». Il titolo è buy sia per Banca Akros e Equita, con quest’ultima a sottolineare tuttavia che «il tentativo di vendita della società ha evidenziato un punto debole del business model». Per questo sarebbe opportuno un cambiamento di strategia tanto che Mediobanca suggerisce di ridurre «l’esposizione ai titoli» della controllante «aumentando il contributo di prestiti e mutui». Secco e negativo, invece, il giudizio di Fidentiis, dove l’operazione viene giudicata «senza senso»: «la vendita di una quota del 20% ad un prezzo inferiore del 25% rispetto al 10%» ceduto a luglio, «è strana e pone alcune domande sul medio termine sulla strategia» di UniCredit.

Nodo, quest’ultimo, che verrà sciolto solo con il piano di dicembre. Ieri, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, si è fatto il punto in cda: Mustier, che nel cantiere del piano è affiancato dal dg Gianni Papa e dai consulenti di McKinsey e Boston Consulting, avrebbe spiegato la discontinuità che si vuole apportare al profilo e alla governance della banca. In pratica, in Piazza Gae Aulenti si vogliono prima affrontare le grandi questioni strategiche e solo alla fine tradurle in opzioni pratiche, dalle cessioni di asset (Pioneer in testa) all’alleggerimenti degli Npl al miglior assetto possibile della ricapitalizzazione, che dovrebbe essere comunque elevata, superiore ai 5 miliardi paventati dagli analisti più positivi: a dicembre, a valle del referendum (e del piano Mps) e osservato il clima sul mercato, si prenderanno le decisioni finali.

Prima di allora, come si diceva, potrebbe però materializzarsi la vendita di uno degli asset più facilmente liquidabili. Si tratta del 40% rimanente della polacca Pekao, che ieri in Borsa a Varsavia ha ceduto il 5,1% proprio in attesa del deal, su cui c’è l’interesse del gruppo assicurativo locale Pzu: ieri è scaduto il lock up dopo la vendita del 10% effettuata a luglio, dunque l’azionista ha mani libere. La trattativa sembrerebbe ben avviata sebbene ci siano ancora distanze sul prezzo, con un’offerta per ora limitata ai 3 miliardi, controi 3,5 che conta di incassare UniCredit.

Sempre ieri, il board ha verificato i requisiti di onorabilità e professionalità del consigliere Martha Dagmar Bockenfeld, cooptato il 22 settembre scorso; il cda ha verificato anche il possesso dei requisiti di indipendenza previsti dallo Statuto sociale.

.@marcoferrando77

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