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Wind-3, arriva l’ok del Mise

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Wind-3, arriva l’ok del Mise

  • –Andrea Biondi

Dopo il disco verde della Commissione Ue a inizio settembre e l’ok di Agcom con delibera 426/16/CONS del 16 settembre pubblicata online lunedì, ieri è arrivato il via libera del Mise alla fusione fra Wind-3 Italia.

Nella notte fra lunedì e martedì le due società controllanti, i russo-norvegesi di Vimpelcom (Wind) e la multinazionale cinese CK Hutchison (3 Italia), hanno espresso la loro soddisfazione con una nota, affermando di aver accolto «con favore l’approvazione, che significa che l’operazione resta sulla buona strada per chiudersi entro la fine dell’anno». La nuova società «porterà grandi investimenti in infrastrutture digitale in Italia, benefici a consumatori e aziende in tutta Italia e sbloccherà un valore significativo attraverso le sinergie».

Il Mise doveva in particolare dare il suo disco verde sulle frequenze, i cui diritti d’uso andranno a una nuova “legal entity” che nascerà dalla fusione delle due telco. Ora il prossimo importante passaggio avverrà sul versante societario, con la creazione della joint venture paritetica con board di 6 componenti in totale: 3 nominati da Vimpelcom e 3 da Ck Hutchison, con presidente in carica 18 mesi, stando agli accordi resi noti ad agosto 2015 quando si avviò la macchina per la fusione fra il terzo e il quarto operatore del mercato tlc mobile italiano.

A quanto risulta al Sole 24 Ore questo passaggio dovrebbe essere finalizzato a novembre, con la creazione della joint venture, con sede in Lussemburgo, che sovrintenderà la società operativa che nascerà – entro fine anno – dalla fusione delle due realtà in Italia.

Poi con il 2017 la nuova realtà – che avrà come ceo l’attuale numero uno di Wind, Maximo Ibarra – sarà pronta a entrare sul mercato con i suoi 7 miliardi di euro di giro d’affari e 32 milioni di clienti nel mobile con una quota di mercato del 33,1% contro il 30,8% di Telecom Italia e il 28,9% di Vodafone (ultimi dati Agcom). In questo quadro non bisogna dimenticare i 2,8 milioni di clienti di Wind nel fisso. E il fatto che l’attuale ceo di Wind, Maximo Ibarra, sia stato scelto per guidare la nuova realtà qualcosa dice anche sulla consapevolezza industriale che la convergenza fisso-mobile è una condizione imprescindibile.

«Abbiamo ottenuto il via libera del Mise, quindi dal punto di vista autorizzativo tutte le carte sono in regola», ha commentato l’ad Maximo Ibarra, intervenendo ieri alla Luiss alla presentazione del libro di Gianluca Comin “Impresa oltre la crisi”. «Siamo sull’ottima strada per concludere la fusione entro fine anno». Del resto, dopo il sì di Agcom – che ha evidenziato come non ci siano problematiche legate al superamento dei limiti del 20% del Sic (Sistema integrato delle comunicazioni) e quindi ha chiuso favorevolmente senza l’apertura di un’istruttoria – con questo ok del Mise la strada è sostanzialmente priva di ostacoli regolamentari. Non per questo però il lavoro è finito. Ci sarà per esempio da decidere sui marchi, che per ora sono due: scelta con ogni probabilità rinviata al 2017. E resta da capire come la nuova società affronterà il tema occupazione, con i suoi 9.500 dipendenti totali post fusione.

L’attenzione ora è puntata anche sulle prossime mosse di Iliad, telco francese che opera con il marchio Free e riconducibile a Xavier Niel che – conditio sine qua non per avere l’ok della Ue – diventerà il quarto operatore mobile strutturato. Perché ciò accada ci sono asset e frequenze che Iliad acquisirà da Wind e 3 Italia. Se non ci saranno sorprese il redde rationem del mercato mobile delle tlc in Italia avverrà quindi nella seconda metà del 2017 quando Iliad dovrebbe iniziare a vendere sul mercato italiano. Dapprima in roaming, poi con infrastruttura propria che arriverà alla copertura totale del territorio nazionale (75% della popolazione e il 100% con il Ran sharing, la condivisione della rete) entro il 2020-2021. All’inizio si partirà dalle aree più popolose e remunerative, come per esempio quella di Roma.

Per le frequenze Iliad ha messo sul piatto 450 milioni di euro a favore di Vimpelcom e Ck Hutchison cui si dovrebbero aggiungere altri 300 milioni per le frequenze che il Governo nella nuova legge di bilancio punta a rinnovare senza asta fino al 2029 rispetto alla scadenza naturale del 2018, attendendosi 1,8 miliardi di euro in un’unica soluzione. Secondo rumors di mercato (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) per questo esborso one shot i francesi avrebbero manifestato qualche irritazione. Dall’altra parte c’è però un asset certo, per un periodo che andrà ben oltre la partenza del 5G.

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