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4/5 Come investire dopo il voto Usa / Le valute: sguardo oltre le elezioni

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    scenari

    Azioni, bond e valute: che cosa cambia per il risparmio se vince Clinton o Trump

    4/5 Come investire dopo il voto Usa / Le valute: sguardo oltre le elezioni

    Come sottolineato in precedenza, la vittoria di Hillary Clinton rimuoverebbe probabilmente anche gli ultimi ostacoli a un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve nella riunione di dicembre e, sotto questo aspetto, favorirebbe un apprezzamento del dollaro sulle altre valute. Il problema, semmai, è capire quanto possa avanzare il biglietto verde e soprattutto se questa tendenza sia destinata a protrarsi nel tempo: due punti sui quali gli analisti sono piuttosto discordi. «Il dollaro potrebbe puntare a 1,07 contro l'euro – sostiene Sven Schubert di Vontobel – mentre in caso di vittoria di Trump i mercati sarebbero preoccupati per le prospettive di medio termine dell'economia Usa: la sua agenda potrebbe infatti puntare verso una sorta di de-globalizzazione, negativa per la produttività statunitense e quindi anche per la sua crescita a medio-lungo termine».

    In quest'ultimo caso, sottolinea Vontobel, l'euro potrebbe risalire fino a 1,14, ma probabilmente non oltre a causa dei fondamentali solidi Usa e del processo di normalizzazione dei tassi in atto negli Usa. Più scettica invece è la visione di Kathrin Goretzki di UniCredit Research, secondo la quale il successo democratico porterebbe al dollaro un «sostegno temporaneo, ma non duraturo». Anche tenendo conto della “stretta” Fed in arrivo, il cambio con l'euro è atteso a 1,12 per fine anno: previsione che potrebbe essere superata nel caso di un successo di Trump.

    Il nodo emergenti
    Tutti sono invece abbastanza concordi nell'indicare lo scenario di una presidenza Clinton più favorevole per le valute emergenti, peso messicano in primis. “La ragione principale – spiega Schubert – è che l'agenda di Trump è più negativa per il commercio globale dato che prevede una revisione degli accordi commerciali, e che di tutto ciò sono destinati a soffrire soprattutto i mercati emergenti rispetto a quelli sviluppati. In più ogni tendenza alla de-globalizzazione sarebbe negativa per le materie prime e per il petrolio in particolare, mettendo così ancora più sotto pressione i produttori dei Paesi emergenti”.

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