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Mps: conversione per 11 bond, il 50% in mano a piccoli risparmiatori

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Lo scenario

Mps: conversione per 11 bond, il 50% in mano a piccoli risparmiatori

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ANSA/MATTIA SEDDA
ANSA/MATTIA SEDDA

Mps alza il velo sulla conversione dei bond subordinati e avverte i titolari delle obbligazioni dei rischi che corrono nel caso in cui non aderissero in modo massiccio all'operazione: fallimento dell'aumento da 5 miliardi e rischio bail-in della banca. Con la conseguenza che la conversione dei bond in azioni verrebbe fatta forzosamente e con perdite probabilmente maggiori.

Quasi il 50% dell'offerta di Mps per la conversione dei bond subordinati in azioni, annunciata la notte scorsa dal gruppo senese, riguarda i piccoli risparmiatori. Sull'intero valore nominale dei titoli oggetto della conversione pari a 4,28 miliardi di euro, quasi 2,1 miliardi si riferiscono infatti al bond con scadenza maggio 2018 specificamente rivolto alla clientela retail. L'offerta annunciata dall'istituto senese presenta un premio elevato rispetto ai corsi attuali dei bond. In particolare per i titoli Tier II il prezzo proposto è pari al 100% del valore nominale mentre è all'85% per i titoli Tier I ad eccezione del Fresh Mps Capital Trust II che è al 20%.

L'annuncio sulla conversione ha fatto rialzare i prezzi di alcune obbligazioni. In particolare per il bond Mps Capital Trust I (241 milioni di euro l'ammontare in circolazione) che registra un balzo del 14% a 54 rispetto alla chiusura a 47 di ieri. Fermo a 27 il bond Antonveneta Capital Trust I con 54 milioni di euro in circolazione e prezzo di acquisto all'85% del nominale.
Poco mosso il bond subordinato da 2,1 miliardi alla clientela retail a 68,50 mentre il resto dei bond Tier II oscilla tra 72 e 77,2. Secondo alcuni operatori il prezzo offerto per la conversione rappresenta un premio consistente sui prezzi dei bond (fino al 30% di premio) ma implica l'elemento di rischio legato alle azioni cui la conversione è soggetta e ciò spiega perché il rally delle obbligazioni non sia molto marcato.

I soldi raccolti con il bond da 2,1 miliardi in scadenza nel maggio 2018 servirono a finanziare l'acquisto di Banca Antonveneta rafforzando, attraverso il bond in questione, l'indice di solvibilità (Total Capital Ratio) della banca senese. I risparmiatori in possesso di questi bond sono stimati intorno a 40mila: tra loro clienti, dipendenti e pensionati del Monte dei Paschi, molti dei quali toscani.
L'adesione volontaria alla proposta di conversione in nuove azioni Mps potrebbe però richiedere, se necessario, il cambiamento del profilo Mifid per diversi risparmiatori, in modo da renderlo conforme con il possesso di azioni della banca.

Secondo alcuni analisti, i più interessati ad aderire all'offerta saranno gli hedge fund e gli investitori istituzionali che hanno comprato sul mercato secondario, ai quali potrebbe essere riconosciuto un prezzo di gran lunga superiore a quello di sottoscrizione. Per quanto riguarda gli investitori retail, il rischio è duplice: se aderiranno si assumeranno quello di diventare azionisti della banca, se non lo faranno potrebbero “concorrere” alla mancata ricapitalizzazione della banca e quindi al successivo bail in con conversione obbligatoria dei bond e taglio al valore nominale dei titoli in possesso.

Mps ha annunciato ieri notte il lancio di un’offerta pubblica di acquisto su 11 obbligazioni subordinate, del valore complessivo di 4.289 milioni, con l’obbligo per gli aderenti di reinvestire il corrispettivo incassato nell’aumento di capitale da 5 miliardi. Lo ha ufficializzato una nota della banca. I prezzi di conversione sono fissati all’85% del valore nominale per i bond Tier 1 e al 100% per i bond Tier 2, con l’eccezione di una piccola obbligazione per il cui riacquisto è offerto il 20% del valore nominale. Se la conversione dei bond subordinati in azioni Mps «non avesse un esito soddisfacente», le banche del consorzio potrebbero sottrarsi all’impegno di garantire l’eventuale inoptato dell’aumento da 5 miliardi con la conseguenza che Mps «non riuscirebbe verosimilmente» a chiudere la ricapitalizzazione. E se ciò avvenisse, Mps potrebbe essere sottoposta «ad azioni straordinarie da parte delle Autorità competenti, che potrebbero includere, tra le altre, l'applicazione degli strumenti di risoluzione», il famoso bail-in.

Mps ai titolari di bond: senza aumento conversione forzata. Mps avverte i titolari dei bond subordinati a cui è rivolta l’offerta di conversione volontaria in azioni che qualora l’aumento di capitale da 5 miliardi non dovesse riuscire, i titoli «potrebbero essere soggetti a riduzione del relativo valore nominale» oppure a «conversione forzata» in azioni, secondo i criteri e l’ordine previsto dalla normativa sulle risoluzioni bancarie (che comprende il bail-in). Se l’operazione di messa in sicurezza fallisse e Mps non fosse «in grado di rispettare i requisiti patrimoniali» chiesti dalla Bce, spiega infatti la banca in una nota, l’istituto senese «potrebbe subire un grave pregiudizio per la propria attività, fino a compromettere la sussistenza dei presupposti per la continuità aziendale, nonché importanti effetti negativi sulla propria situazione economica, patrimoniale e finanziaria».

Mps: conversione per 11 bond, controvalore 4,3 mld

Per Mps «un’elevata adesione» alla proposta di conversione assume «fondamentale importanza» per la riuscita dell’aumento di capitale in quanto «consentirebbe di ridurre l’importo» della ricapitalizzazione da collocare sl mercato, con la conseguenza di «aumentarne le probabilità di successo». Mps ricorda che tra le condizioni a cui è soggetto l’impegno delle banche a sottoscrivere il contratto di garanzia dell’inoptato dell’aumento figura anche «l’esito soddisfacente dell’LME (liability management exercise, cioè la conversione dei bond, ndr), secondo il giudizio in buona fede di ciascuno dei membri del Consorzio che agiscono in qualità di Global Coordinators».

«Ne consegue che - prosegue la nota -, ove l’LME non avesse un esito soddisfacente secondo il giudizio in buona fede di ciascuno dei membri del Consorzio che agiscono in qualità di Global Coordinators, verrebbe meno anche l’impegno dei Garanti a sottoscrivere un contratto di garanzia» sull’inoptato e «di conseguenza» Mps «non riuscirebbe verosimilmente a portare a termine l’Aumento». Qualora l’aumento non fosse concluso, Mps «non potrebbe completare il deconsolidamento del Portafoglio NPL», cioè dei crediti in sofferenza. «Ciò - rileva la banca - potrebbe comportare che il medesimo divenga soggetto ad azioni straordinarie da parte delle Autorità competenti, che potrebbero includere, tra le altre, l’applicazione degli strumenti di risoluzione di cui al D. Lgs. 16 novembre 2015, n. 180», che ha recepito la direttiva europea sulla risoluzione delle banche.

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