Finanza & Mercati

Mps, fondi in manovra sui bond Generali studia la conversione

  • Abbonati
  • Accedi
LO SCENARIO

Mps, fondi in manovra sui bond Generali studia la conversione

Afp
Afp

Disinvestire dalle azioni di Mps per reinvestire sui bond subordinati, con l’ottica di coprirsi e fare arbitraggio in sede di aumento di capitale. È questo l’atteggiamento che sembrano aver adottato ieri, come negli ultimi giorni, gli investitori di Mps, in special modo gli hedge fund. Non è un caso che il titolo ieri sia tracollato del 10%, a 0,25 euro, mentre quasi tutti i bond subordinati (11 emissioni) coinvolti nella conversione volontaria da 4,2 miliardi che partirà il 28 novembre con tutta probabilità abbiano registrato degli incrementi di prezzo attorno all’1-2%. L’operazione di conversione è stata studiata per risultare appetibile agli occhi dei detentori di bond: per i sette titoli Tier2 il prezzo di offerta è al 100% del valore nominale, mentre per i tre bond Tier1 è all’85%. A seconda dell’emissione, il prezzo di offerta implica un premio del 25-35% sull’ultimo prezzo. Di qua l’interesse degli investitori istituzionali. Difficile invece prevedere cosa accadrà al titolo dopo la conversione, e quindi in sede di aumento di capitale.

Un’alta adesione all’offerta di conversione assume «fondamentale importanza», come riconosciuto dalla stessa banca, perchè permetterà di ridurre l’ammontare della ricapitalizzazione.

Dall’altra parte, qualora la conversione «non avesse un esito soddisfacente», salterebbe l’impegno del consorzio di garanzia che dovrebbe sottoscrivere l’eventuale inoptato. E poichè dal deconsolidamento di oltre 27 miliardi di Npl non si scappa - visto che è imposto da Francoforte - e poichè questo passaggio impone comunque un aumento di capitale da 5 miliardi, non è escluso che per coprire questo fabbisogno si debba ricorrere all’intervento delle autorità competenti e delle loro «azioni straordinarie», che prevedono il rischio di bail in, con il coinvolgimento (questa volta obbligato) di azionisti e bondholder nella ricapitalizzazione della banca.

Un tema, quello della conversione dei bond, che interessa da vicino molti investitori istituzionali, che dovranno fare riferimento ai dealer manager nominati ieri dalla banca per la loro conversione (Jp Morgan, Mediobanca, Santander, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Mps Capital Services).

Tra i soggetti invece interessati alla conversione, uno dei più rilevanti è Attestor Fund, attorno a cui si erano coagulati altri fondi detentori di bond per poco meno di un miliardo di euro, che attende in particolare le condizioni relative alla conversione del bond Fresh, che dovrebbero essere comunicate entro il 25 novembre.

Interessata all’ipotesi conversione è anche Generali. Il dossier ha già fatto un passaggio nel consiglio di amministrazione della prima assicurazione del paese. Con un primo importante risultato: il board ha stabilito che l’eventuale decisione di aderire alla conversione andrà di fatto di pari passo con l’annullamento dell’impegno in Atlante 2. La compagnia aveva deciso di stanziare fino a 200 milioni per sostenere la nuova iniziativa di stabilizzazione del sistema credito in Italia. Nel farlo, però, aveva sostanzialmente messo nero su bianco un paletto: quei denari erano “garantiti” solo nel caso in cui Mps non avesse dato seguito al progetto di conversione. Così non è stato, e ora il Leone non intende esporsi su un doppio fronte: equity e npl. Stanti le recenti novità, dunque, il tema dell’adesione o meno all’offerta verrà affrontato in un nuovo decisivo consiglio. Board che con ogni probabilità si terrà a valle dell’assemblea straordinaria del Monte del 24 novembre. Dopo che la banca, peraltro, avrà incassato il via libera della Bce sui contenuti dell’offerta di conversione oggi rivolta solo al retail ma presto, con il sigillo di Francoforte, allargata anche agli istituzionali. Solo una volta archiviati questi due passaggi formali, Generali potrà ufficialmente prendere posizione. Avendo ben chiaro, peraltro, un principio fondamentale già espresso il 30 settembre scorso dal ceo Philippe Donnet in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore. A precisa domanda sulla partecipazione del Leone alla possibile conversione dei subordinati, il ceo aveva risposto: «Quando ci verrà sottoposto il progetto lo esamineremo e prenderemo le opportune decisioni. Sempre nell’interesse dei nostri azionisti e dei nostri assicurati».

Il tema è delicato. Il gruppo detiene circa 400 milioni di titoli e la trasformazione delle obbligazioni in azioni proietterebbe Trieste tra i primi grandi soci singoli della banca senese. A conti fatti, la compagnia potrebbe arrivare a possedere fino al 7-9% dell’istituto guidato da Marco Morelli. Una quota importante e per diverse ragioni. Prima tra tutte che per Generali significherebbe diventare azionista di peso di una banca che ha tra l’altro un accordo di bancassicurazione con un altro operatore chiave del settore delle polizze: Axa, già socia del Monte con il 3,17%. La partnership proprio in queste settimane è in fase di ridefinizione poiché è in scadenza a marzo 2017. Non è un’intesa marginale poiché, stando ai dati più recenti, vale tra danni e vita,il 4,4% del mercato delle polizze in Italia e, nel primo semestre del 2016, ha garantito un dividendo di circa 40 milioni di euro all’istituto. Una cifra in discesa rispetto agli oltre 60 milioni dell’anno precedente ma comunque rilevante se si considera che Mps ha chiuso i sei mesi con profitti di poco superiori ai 300 milioni. Peraltro, il mancato rinnovo potrebbe costare alle tasche della banca una cifra abbastanza rotonda. Secondo le ultime stime effettuate da Mps stessa, e presenti in un recente prospetto, il valore delle partecipazioni ammonta a 950 milioni. Tanto che, un eventuale strappo con la compagnia transalpina potrebbe implicare per la banca qualcosa come 750 milioni di euro da versare al gruppo francese. Allo stesso modo, Axa, senza l’intesa con il Monte, rischierebbe di perdere la fetta chiave del giro d’affari che qui genera.

Nel mezzo si pongono le Generali: può il gruppo diventare azionista chiave di una banca che distribuisce le polizze di un’altra compagnia? L’intera vicenda richiede evidentemente approfondimenti che potrebbero portare a mosse inaspettate da parte del Leone.

© Riproduzione riservata