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BiovelocIta, l’acceleratore italiano del biotech lancia due imprese contro diabete e tumori

Due collaborazioni nella ricerca contro diabete e tumori, per un investimento totale di 2,5 milioni di euro. Sono i primi frutti di BiovelocIta, l'acceleratore italiano di biotecnologie lanciato l'anno scorso dal chimico e imprenditore Silvano Spinelli, Gabriella Camboni e il fondo di venture capital Soffinova Partners. I nuovi accordi sono stati siglati con Enthera, startup che si occuperà di terapie contro il diabete, e un progetto di ricerca del milanese Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare) per la produzione di farmaci anti-tumorali.

Un doppio debutto che segue la strategia originaria dell'acceleratore: fare scouting dei progetti di ricerca più interessanti e convertirli in startup al alto valore aggiunto, grazie alla somma di valore scientifico e competenze imprenditoriali messe a disposizione da BiovelocIta. A un anno dalla sua fondazione, l'acceleratore ha raccolto circa 7 milioni di euro e valutato più di un centinaio di progetti: «È vero che abbiamo avviato solo due collaborazioni, ma la scelta è avvenuta proprio su più di 100 candidature – conferma Spinelli – Questi sono i progetti che ci sono piaciuti di più, perché non tutte le idee di ricerca si prestano bene in vista di un seed (il primo finanziamento, ndr)».

La startup anti-diabete e le “sentinelle” contro i tumori
In cosa consistono le iniziative selezionate? Enthera è una startup, cofondata dall'acceleratore per trasformare in impresa i risultati dello studio condotto da Paolo Fiorina, medico e ricercatore dell'Ospedale San Raffaele di Milano e del Boston Children's Hospital della Harvard Medical School. Lo studio ha rivelato che un ormone (IGFBP3) gioca un ruolo decisivo nell'insorgere dell'enteropatia diabetica, un disturbo intestinale che colpisce l'80% delle persone affette da diabete mellito. Enthera ha ottenuto una licenza esclusiva mondiale per condurre una ricerca da 1,5 milioni di euro al San Raffaele di Milano, con lo scopo di validare la tesi del ruolo dell'ormone e aprire la strada a nuove terapie anti-diabetiche. I ritorni previsti? Graziano Seghezzi, partner di Sofinnova Partners, prevede un «un multiplo di cinque-dieci volte tanto l'investimento. E non escludiamo la quotazione».

La seconda collaborazione nasce da una ricerca condotta dall'Ifom (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) nel laboratorio di Fabrizio d'Adda di Fagagna. La scoperta è che nei tratti di Dna danneggiato si producono delle molecole che attivano un meccanismo di segnalazione (dove si trova il problema) e riparo (come intervenire): una rivelazione che può essere applicata allo studio di nuovi farmaci anti-tumorali e alla cura di malattie legate all'invecchiamento. Al termine del piano di ricerca, previsto in 18 mesi, la licenza sui diritti commerciali verrà conferita a uno spin-off tra Ifom e BiovelocIta.

Venture capital ancora freddi sul biotech: solo 50 milioni nel 2015
La scelta dei due accordi è avvenuta secondo i criteri fondativi di BiovelocIta: cercare progetti “seedable” (finanziabili), nel punto di incontro fra ricerca pura e applicazioni industriali. Un compromesso non immediato, a giudicare dal gap tra la qualità della ricerca italiana e l'attenzione marginale dei fondi venture capital per le startup del biotech: 50 milioni di euro investiti nel settore nell'intero 2015, contro i 2,5 miliardi messi in campo dal solo Regno Unito. «L'Italia è l'ottavo Paese al mondo per pubblicazioni scientifiche tra 1996 e 2005, ma i fondi venture capital hanno investito in biotech solo 50 milioni in tutto il 2015 – ha evidenziato Spinelli – Forse investitori dovrebbero mettersi in testa che questo è un settore che può fare la differenza». Per il futuro? L'acceleratore conserverà la strategia adottata finora, con un alto tasso di attenzione per tutti gli ambiti più interessanti per gli investitori: «I settori più importanti sono malattie metaboliche, sistema nervoso centrale e l'oncologia – dice Spinelli - Se andiamo a confrontare i deal di acquisizione a livello pre-clinico si vede che queste tre aree terapeutiche hanno portato alla maggiore valorizzazione tutte le aziende biotech».

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