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Spread, fiammata a 187 punti. Ora pesa anche il rischio tassi Usa

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i titoli di stato

Spread, fiammata a 187 punti. Ora pesa anche il rischio tassi Usa

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Dopo un giorno di pausa riprendono le vendite sui titoli di Stato italiani. Il rendimento del BTp a 10 anni è salito in una seduta di nove punti base, dal 2,02% al 2,12% tornando sui livelli dell’estate del 2015. Contestualmente si registrano vendite meno forti sul Bund tedesco di pari durata (con il tasso salito da 0,22% a 0,25%). Di conseguenza lo spread tra i due titoli si è impennato a quota 187 punti. Per trovare un valore superiore bisogna tornare a maggio 2014. In risalita, a 52 punti, anche lo spread Italia-Spagna.

LA FOTOGRAFIA DEI BOND
Differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato decennali rispetto al Bund. In punti base

È chiaro che l’“effetto-referendum” sulla riforma della Costituzione fissato per il 4 dicembre sta avendo il suo peso. «A 10 giorni dal voto italiano è possibile ipotizzare uno spread in area 190-200 punti in attesa dell’esito per un rendimento che potrebbe salire anche fino al 2,30%», spiega Paolo Geuna, financial analyst di Tendercapital. Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo, il valore corretto del differenziale tra Italia e Germania, in assenza delle turbolenze legate al voto, sarebbe a 157 punti, 30 punti base in meno rispetto ai valori dell’ultima chiusura. Mentre lo spread “corretto” tra Spagna e Germania si dovrebbe attestare a 159 punti, 24 punti in più rispetto a quello fissato ieri dagli investitori (135 punti). Sul rendimento dei titoli di Stato quindi c’è un’evidente distorsione da “referendum”.

Questo nonostante sul mercato dei bond governativi europei ci sia al momento l’azione protettiva della Bce che secondo le attuali regole del quantitative easing può comprare sul mercato secondario i titoli sovrani (di durata compresa fra 2 e 30 anni) purché non abbiano un rendimento più basso del -0,4% (che corrisponde all’attuale tasso sui depositi fissato dalla stessa Bce). Allo stesso tempo, i rendimenti dei bond europei stanno salendo in modo generalizzato, proprio perché i mercati iniziano a nutrire dei dubbi sulla durata dell’azione da scudo di Francoforte. «Sulla performance dei rendimenti europei sta inoltre pesando la preoccupazione che la Bce possa ridurre il suo supporto al mercato diminuendo il ritmo mensile degli acquisti - spiega Chiara Manenti, fixed income strategist di Intesa Sanpaolo -. Al contrario, il contesto attuale di tassi più alti e quindi condizioni finanziarie più restrittive giustificherebbe una reazione espansiva da parte della banca centrale. La nostra attesa è che la Bce estenda il programma di acquisto di titoli fino a settembre 2017 al ritmo corrente di 80 miliardi mensili e che risolva i problemi di scarsità sulla curva tedesca attraverso un allentamento/eliminazione delle regole correnti o attraverso una diversificazione degli acquisti dal mercato tedesco verso altri emittenti euro».

C’è poi il tema dell’inflazione e del contagio sui tassi che potrebbe arrivare dagli Usa. I tassi dei Treasury americani a 10 anni ieri hanno toccato (2,38%) il massimo da luglio 2015 e il top dal 2010 sulla curva biennale (1,13%). Questo sta facendo salire anche a ruota i tassi dei Bund ma non è detto che questa correlazione duri ancora a lungo perché «non sembra giustificata dallo scenario macroeconomico di crescita e inflazione dell’Eurozona, che ha ancora elementi di fragilità e che rimane esposto a rischi al ribasso». Insomma, non è affatto detto che la «Trumplation» attesa continui a contagiare i tassi dei bond europei. Questi potrebbero prendersi una pausa. Discorso a parte per i BTp che fino al 4 dicembre sembrano destinati a ballare. E non per l’inflazione (che in Italia non c’è) ma per il voto sulla Costituzione.

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