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La faticosa rimonta dell’editoria italiana

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La faticosa rimonta dell’editoria italiana

  • –Antonella Olivieri

Guardandola dall'alto la crisi dell'informazione su quella che una volta era solo la “carta stampata” non è poi così drammatica. A livello globale, il giro d'affari dell'industria dei quotidiani si è attestato nel 2015 a 168 miliardi di dollari, l'1,2% in meno rispetto all'anno prima e il 4,3% in meno rispetto al 2011. Tra vendita di giornali e inserzioni, il 92% dei ricavi viene ancora dalla carta, ma questo non è altro che la riprova del fatto che i media tradizionali non sono riusciti a cogliere i benefici della rivoluzione digitale, tant'è che la pubblicità online è andata a ingrassare i gestori dei social network, Google in testa con 62 miliardi di euro di ricavi pubblicitari nel 2015, e a seguire Facebook con 15,7 miliardi. Il rapporto Wan-Ifra rileva comunque che i lettori non sono affatto scomparsi: sono 2,7 miliardi in tutto il mondo, il 40% della popolazione adulta, i lettori di giornali; sono invece 1,3 miliardi, vale a dire più del 40% degli internauti, gli utenti che leggono i giornali in versione digitale.

Questo quadro, nel complesso tranquillizzante, è però falsato dalla dinamica delle economie asiatiche, perché se si scende a guardare da vicino l'Europa e tanto più l'Italia (pur con una situazione estremamente variegata) – come ha fatto R&S-Mediobanca nell'ultimo Focus sull'editoria - la panoramica è ben diversa. Se in India e in Cina, che insieme pesano per il 62% sul mercato mondiale, si è registrata una crescita della diffusione del 38,6% negli ultimi cinque anni e del 7,8% nell'ultimo anno, in Europa c'è stato invece un calo, rispettivamente, del 23,8% e del 4,7%. Come si diceva, è andata ancora peggio in Italia, dove la diffusione dei quotidiani cartacei è calata di un terzo negli ultimi cinque anni e del 9% nel solo 2015.

In cinque anni l'aggregato dei nove maggiori gruppi editoriali italiani che rappresentano il 70% del mercato nazionale - Mondadori (che coi libri Rizzoli è diventata il leader dimensionale), Rcs, L'Espresso, Il Sole 24 Ore, Monrif, Caltagirone Editore, Itedi-La Stampa, Cairo Editore, Class – ha accumulato perdite per oltre 2 miliardi. E questo nonostante la base dei costi di gestione, nello stesso periodo, sia stata tagliata di un terzo: -43% il costo della carta, -23% il costo del lavoro, -35% gli altri costi. Il fatto è che rispetto al 2015 sono scomparsi 1,8 miliardi di ricavi, che nel 2015, per quanto riguarda i nove gruppi indicati, si sono ristretti a 3,9 miliardi.

E' opinione diffusa che il rilancio non possa prescindere dagli investimenti. A riguardo, si registra invece nell'aggregato una contrazione, dato che gli investimenti sono passati nel complesso dai 64 miliardi del 2011 ai 29 miliardi del 2015, con una riduzione del 55%. Gli investimenti del 2015 rappresentano l'1,6% delle immobilizzazioni tecniche lorde, contro il 5% della manifattura italiana. L'editoria italiana è fanalino di coda anche rispetto al resto dell'Europa, con il 7,1% nel Regno Unito, il 4,2% in Germania, il 3,6% in Francia.

La “buona notizia” – ammesso e non concesso che faccia trend – è che la redditività industriale nel 2015 è tornata positiva, con un margine operativo netto aggregato dello 0,1% sul fatturato, contro il -0,7% dell'anno prima. Il problema è che, come il pollo di Trilussa, l'aggregato non riflette la realtà di una situazione spaccata a metà. Con Cairo editore che, prima di imbarcarsi nell'avventura Rcs, vantava un Mon del 14,3% rispetto al 13,1% dell’anno prima (il gruppo dell'editore piemontese, col 6,1%, è al top anche come percentuale di investimenti rispetto alle immobilizzazioni tecniche), Itedi del 5,8% (dal 4,7%), L'Espresso del 4,8% (in calo dal 6,4% del 2014), Mondadori del 3,4% (dal 2,8%), Monrif del 2,1% (rispetto al -4,6% dell'anno prima) sul fronte positivo. Mentre sul versante opposto c’è Rcs con un margine operativo netto negativo per il 2,5% (-1,6% nel 2014), Caltagirone del -3,8% (-6,9% l'anno prima), Il Sole 24 Ore del -4,7% (dal 9,6%), Class del -19% (-10,4% nel 2014).

A livello aggregato comunque, il pareggio dell'Italia è ancora poca cosa rispetto alla redditività operativa netta pari all'11,9% che può vantare la Germania, e distante anche dal 4,8% del Regno unito. Ancora in affanno invece l'editoria francese che presenta anche nel 2015 un Mon negativo. per un’incidenza dell'1,5% sui ricavi.

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