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Mediaset-Vivendi, due ipotesi di compromesso

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Mediaset-Vivendi, due ipotesi di compromesso

Il dato di fatto è che al momento la parola sulla questione Mediaset-Vivendi è lasciata alle carte bollate. Saltata l’udienza, che era stata fissata per il 23 novembre, sulla richiesta da parte del Biscione di sequestro del 3,5% di Vivendi - pagamento in natura per il 100% di Premium e il 3,5% di Mediaset - le due parti non hanno ripreso a parlarsi. Ma è chiaro che se non si vuole lasciare che a decidere sia il giudice - la prima udienza nel merito è fissata a marzo - una soluzione andrà pur trovata.

Gli eventi degli ultimi mesi - il contratto firmato ad aprile non è stato finalizzato - certamente hanno lasciato il segno e c’è chi dubita persino che possa essere ripristinato un rapporto di fiducia tra Vincent Bolloré da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra, che è la base per ricostruire un accordo. A luglio Vivendi aveva avanzato una proposta alternativa rispetto al contratto di aprile che puntava a rilevare gradualmente, tramite un prestito convertibile, fino al 15% della capogruppo Mediaset. Proposta rispedita al mittente e che è stata all’origine del ricorso a mezzi legali da parte di Mediaset e, a ruota, di Fininvest, per esigere il rispetto del contratto, con la richiesta di danni in caso di inadempienza.

Oggi da tutte le parti coinvolte la situazione viene definita di «stallo», perchè Vivendi e Mediaset non si parlano se non attraverso i legali, non sono aperti canali di dialogo neppure informali, non risultano fissati incontri per discutere la situazione nè a livello aziendale nè al livello superiore.

Negli affari però non si può mai dire mai e c’è chi è ancora al lavoro per tentare una ricomposizione. Da una parte c’è Tarak Ben Ammar, che era stato il sensale dell’accordo di aprile, e che è vicino sia a Bolloré che a Berlusconi. Dall’altra c’è Mediobanca - che sta ragionando sul dossier seppur senza alcun mandato formale - che ha sia Bollorè sia il gruppo Fininvest nel suo azionariato stabile. Accanto all’ipotesi già nota 40-20-40 -il 40% di Premium a Vivendi, il 40% a Mediaset e il 20% a terzi soggetti, di modo che, per un certo periodo, fino al ritorno al preggio, nessuno consolidi la pay tv - è rispuntata un’altra ipotesi che chiama in causa Telecom, coniugandosi nel contempo con un’intesa ai piani superiori. L’ipotesi sarebbe dunque quella di partire da un progetto industriale tra Telecom e Mediaset Premium - sul modello di quanto fatto da Telefonica in Spagna con Digital plus (che però, a differenza che in Italia, è l’unica pay-tv del Paese, non essendoci Sky) - per veicolare contenuti a pagamento sui binari delle tlc, cementando magari l’alleanza con uno scambio azionario tra azioni Telecom che Vivendi ha in portafoglio (oggi il 23,15%, ma con l’obiettivo di risalire a ridosso del 25%) e azioni Mediaset che Fininvest ha in portafoglio.

Entrambe le ipotesi, compresa la più recente (che in realtà, a quanto risulta, sarebbe la riedizione di un’idea già ventilata in passato), sono però allo stadio dello studio a tavolino, nel senso che le due parti in lite non si sono mai incontrate per discuterne.

Fonti informate fanno presente che «i francesi non hanno la minima intenzione di utilizzare pacchetti Telecom per alcunchè». Mentre Telecom - che allo stato non è operativamente coinvolta in discussioni di questo tipo - ha già stretto un accordo commerciale con Premium per la distribuzione di contenuti video, a condizioni giudicate «ottime». Per cambiarlo, essendo Vivendi “parte correlata”, occorrerebbe comunque passare al vaglio del consiglio.

Al momento, comunque, nessuno sembra essere disposto a fare il primo passo, anche se non si può escludere che prima o poi questo accada. Il fronte del contenzioso nel frattempo ha avuto avanzamenti con le memorie depositate in vista dell’udienza mancata del 23 novembre. I legali di parte francese, in particolare, avrebbero implicitamente riconosciuto l’esistenza del contratto - la cui firma da Mediaset è ritenuta vincolante - ma avrebbero contestato che il numero di clienti - che al 30 giugno, data limite fissata nel contratto per recedere, rispettava le attese - sia stato in realtà influenzato dalle promozioni attive su 90mila abbonati, che poi hanno un termine. La tesi di fondo sembrerebbe essere sempre quella denunciata dai francesi tempo fa e cioè che è stata fornita una rappresentazione della situazione più rosea di quella che era l’effettiva realtà della pay-tv del Biscione . Da parte sua Mediaset ha reclamato che il peggioramento della situazione di Premium ha risentito dell’incertezza sullo stato di un accordo che non è stato finalizzato, ma che per il periodo di interregno prevedeva l’assenso congiunto di Parigi e Cologno Monzese su alcune decisioni riguardanti la pay-tv in procinto di passare di mano.

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