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Mps, obiettivo 1,5 miliardi dai bond

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Obbligazioni

Mps, obiettivo 1,5 miliardi dai bond

Ufficialmente, l'obiettivo è un miliardo. Ma dalla conversione dei bond subordinati, al Monte si punta a raccogliere di più. Nella consapevolezza che «il prezzo è molto interessante», come ha ricordato giovedì il ceo Marco Morelli alla fine dell'assemblea, ma soprattutto che un buon riscontro potrebbe alleggerire almeno in parte la tensione sul referendum di domenica, 48 ore dopo la chiusura della finestra per la conversione: se dai bondholder dovesse arrivare un miliardo e mezzo, allora, auspicano i più ottimisti tra gli advisor, anche un'eventuale vittoria del “no” al referendum con annessa probabile reazione dei mercati potrebbe non far saltare automaticamente l'operazione.

Le incognite restano tali e tante che a Siena si preferisce ragionare con la logica del passo alla volta. Giovedì è arrivato l'ok dei soci in assemblea, venerdì l'endorsement del ministro Padoan sulla partecipazione del Tesoro all'aumento, che - tradotto in cifre - va ad aggiungere 200 milioni all'ammontare potenzialmente sottoscritto dei cinque miliardi di cui ha bisogno la banca. Oggi, o al più tardi domattina all'alba, si attende l'ok di Consob al prospetto per la conversione dei bond, in totale oltre 4 miliardi di nominale: la scelta di coinvolgere gli obbligazionisti retail ha aumentato esponenzialmente le formalità di accompagnamento, ma l'attenzione sarà puntata soprattutto sugli istituzionali. Perché, si ragiona in banca, per più di un motivo dovrebbero essere i più sensibili al prezzo a sconto, con conseguente possibile upside sul titolo una volta che lo riceveranno in cambio e potranno valorizzarlo in borsa; l'alternativa, cioè tenere e non convertire, porta con sè un rischio evidente: scenderebbero le probabilità di successo dell'operazione e si alzerebbero quelle della risoluzione, che - in base ai dati, pur indicativi, forniti dalla banca - prevederebbe l'aggressione, cioè l'azzeramento, di 4-5 miliardi di titoli, pur su un totale di 64 miliardi di passività a rischio bail-in. Mercoledì, o al massimo giovedì, la banca farà il punto in cda: a metà settimana si dovrebbe avere il quadro abbastanza delineato sull'andamento dell'Lme - il liability management exercise - e proprio in quelle stesse ore anche il principale contributor, cioè Generali con i suoi 400 milioni di bond in pancia, dovrebbe aver sciolto le riserve.

Lo stesso cda dovrebbe anche adempiere alle ultime formalità necessarie sulla conversione del Fresh. Già nel cda di lunedì scorso il prezzo, che in realtà corrisponde a un incentivo alla conversione stessa, è stato fissato nel 23% del valore nominale (decisamente più in basso delle richieste formulate dalla cordata di isituzionali che ne è in possesso, da Attestor in giù), ma per lanciare l'operazione mancano ancora alcuni passaggi tecnici che verranno effettuati nelle prossime ore: ai 5 miliardi di fabbisogno, dai titolari del Fresh potrebbe arrivare poco meno di 300 milioni.

In parallelo all'Lme, il ceo Marco Morelli, come anticipato ieri da Il Sole, in settimana sarà di nuovo a Londra per incontrare nuovamente alcuni investitori. Da alcuni di essi, forse addirittura dal Fondo sovrano del Qatar, potrebbe arrivare anche un impegno non vincolante sull'aumento, che poco cambierebbe nella sostanza - il problema non è chi lo fa ma se si fa - ma senz'altro contribuirebbe a creare un clima più positivo intorno all'operazione. Venerdì sera si faranno i conti sui bond e si incroceranno le dita fino al d-day di lunedì 5 dicembre, quando l'incognita del referendum sarà risolta e con essa la reazione dei mercati. All'alba – a poche ore dalla chiusura delle urne – le banche d'affari del consorzio di garanzia del Monte terranno una prima call e poi inizieranno a ricontattare i 284 investitori incontrati con il ceo Marco Morelli da fine ottobre. Passaggi determinanti per capire se la garanzia potrà essere confermata, e – dunque – se l'aumento potrà partire: poche ore dopo il cda del Monte, già convocato a Milano, delibererà di conseguenza.

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