La revisione del set di regole di Basilea 3 potrà avere un «impatto significativo sui requisiti di capitale» di «alcune banche». A preannunciare le conseguenze di quella che è conosciuta come Basilea 4 è stato ieri Stefan Ingves, presidente del Comitato di Basilea, l’organismo tecnico che sta definendo le regole di vigilanza per le banche internazionali. Il Comitato, riunitosi lunedì e martedì a Santiago del Cile, ha definito il contorno delle nuove regole, arrivando a fare «buoni progressi» come annunciato dallo stesso Ingves. «Sono fiducioso che i cambiamenti sui quali il Comitato ha raggiunto un accordo non porteranno a un generale impatto significativo sui requisiti di capitale. Tuttavia bisogna essere chiari che per ridurre la variabilità delle rwa (le attività ponderate per il rischio) i cambiamenti nei requisiti di capitale sono necessari. A livello aggregato l’impatto non è significativo ma potrebbe esserlo per alcune banche».
Ora si tratterà di capire esattamente quali saranno gli impatti degli accordi, che comunque dovranno passare da una ratifica in occasione dei lavori del gruppo dei Governatori delle banche centrali (Ghos) fissato per il prossimo 8 gennaio.
Nel suo discorso alla Conferenza internazionale dei banchieri centrali (Icbs), dove era presente per la Banca d’Italia il vicedirettore generale Federico Signorini, Ingves ha dato conto dei progressi fatti dal Comitato. E ha preannunciato quelle che saranno le linee guida del testo. I punti salienti riguardano una revisione dell’approccio standard per il rischio di credito, che sarà «più sensibile al rischio di quello attuale e più coerente con i modelli interni delle banche». La nuova cornice normativa non implicherà una cancellazione dei modelli interni esistenti sviluppati dalle singole banche ma una loro revisione. Da mettere in conto tuttavia «che l’output floor faccia parte del pacchetto di riforme». Il tema riguarda da vicino le banche europee, che si affidano ai rating interni per il calcolo del 50% in media del loro capitale, molto meno invece gli Usa. La proposta regolamentare per l’output floor nel dettaglio prevede che le richieste di capitale generate con i modelli interni non possano scendere sotto il 60% (o addirittura il 90%) di quelle generate secondo lo standard (peraltro in via di ulteriore aggiornamento). Si vedrà nei prossimi giorni quale sarà il punto di caduta su cui è trovato l’accordo a livello globale. Ma è comunque da mettere in conto, che questa novità da sola potrebbe costare da sola tra i 50 e i 200 miliardi di capitale aggiuntivo per le banche europee.
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