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Lo shale gas americano arriva in Italia. Servirà per l'inverno

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Lo shale gas americano arriva in Italia. Servirà per l'inverno

(Reuters)
(Reuters)

Per la prima volta lo shale gas americano arriva in Italia. Il primo carico, sotto forma di Gas naturale liquefatto (Gnl) è atteso per questo fine settimana a Livorno e servirà a metterci al sicuro da eventuali emergenze invernali, come improvvisi picchi di domanda dovuti al freddo o situazioni di crisi come era state in passato le «guerre del gas» tra Russia e Ucraina.
Ad annunciare la notizia è Uniper, che superando altri otto concorrenti ha vinto la gara per il cosiddetto servizio di peak shaving indetta da Offshore Lng Toscana (Olt), il rigassificatore galleggiante ormeggiato a Livorno, individuato dal governo italiano come infrastruttura strategica, destinata proprio a garantire la sicurezza del sistema di approvvigionamento del gas.

La società tedesca - che paradossalmente è uno dei maggiori clienti della russa Gazprom - ha deciso di assolvere all'obbligo della consegna con gas «made in Usa»: un carico di 105mila metri cubi di Gnl proveniente dall'impianto di Sabine Pass, in Louisiana, il primo (e per ora unico) terminal di liquefazione americano, della società Cheniere Energy, che in meno di un anno di attività è riuscito a dare un contributo decisivo all'industria dell'energia a stelle e strisce. Gli Stati Uniti, per la prima volta da sessant'anni, a novembre sono stati esportatori netti di gas.
Il carico da Sabine Pass verrà stoccato nei serbatoi dell'Olt, per poi essere immesso nella rete di Snam Rete Gas, in caso di emergenza, tra gennaio e marzo 2017. Una volta riportato allo stato gassoso, il carico rappresenta una fornitura di circa 63 milioni di metri cubi: abbastanza per soddisfare i consumi di 50mila abitazioni per un anno, sottolinea Uniper. In realtà rispetto al fabbisogno totale dell'Italia si tratta di appena lo o,01%. Non c'è paragone con le forniture dalla Russia, che l'anno scorso hanno rappresentato il 43% delle nostre importazioni di gas.


Gli Stati Uniti rappresentano comunque un concorrente sempre più temibile per i tradizionali colossi del gas: le loro esportazioni stanno già aumentando rapidamente e l'anno prossimo altri impianti di liquefazione saranno inaugurati, consentendo a Washington di raddoppiare la capacità di produzione di Gnl.
Gli americani hanno già dato una spallata anche al sistema dei prezzi: i loro contratti di vendita - a differenza della maggior parte degli altri - non indicizzano il Gnl al petrolio, ma allle quotazioni del gas all'Henry Hub. Inoltre non prevedono clausole di destinazione, che impediscono di rivendere a terzi il gas acquistato.
L'arrivo del Gnl americano in Europa piuttosto che in altri mercati dipende comunque da diverse variabili commerciali, tra cui i noli marittimi e i livelli di prezzo del gas, negli Usa e altrove. In questa fase l'Asia è tornata attraente:  il Gnl spot è ai massimi da un anno (7,40 dollari per milione di Btu) e potrebbe salire ancora, al traino del petrolio, che a sua volta si è messo a correre dopo il vertice Opec.

Uniper, scorporata pochi mesi fa da E.On, è uno dei maggiori azionisti di Olt, di cui possiede il 48,24% (mentre il Gruppo Iren ha il 49,07% e Golar Lng il 2,69%) anche se da tempo si parla di una possibile cessione della quota. Secondo indiscrezioni raccolte dal Sole 24 Ore, in pole position per l'acquisto ci sarebbe il fondo britannico First State, che potrebbe concludere l'operazione a breve.
Olt Offshore, con una capacità di 3,75 miliardi di mc l'anno, è entrato in funzione a fine 2013 dopo un iter autorizzativo durato ben 11 anni, ma è poi rimasto inutilizzato a lungo finché nel settembre 2014 ha ottenuto il riconoscimento di infrastruttura strategica, con relativi rimborsi garantiti da un'addizionale in bolletta.

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