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Piazza Affari, istituzionali più «presenti»

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Piazza Affari, istituzionali più «presenti»

  • –Antonio Criscione

Prove di dialogo tra investitori e società quotate. Ieri all’Italy Corporate Governance Conference 2016, organizzata da Assonime ed Assogestioni, in collaborazione con l’Ocse, uno dei temi trattati è stato proprio quello dell’applicazione dei principi di stewardship (ovvero le modalità di partecipazione degli investitori istituzionali alla vita delle società in cui investono). E dopo il “chiarimento” intervenuto sul punto quest’estate, con la revisione del codice da parte di Assogestioni, il clima registrato ieri era decisamente molto disteso.

Al confronto tra società e investitori istituzionali è stato dedicato uno dei momenti della prima giornata della Conference, con una tavola rotonda coordinata da Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, e a cui hanno partecipato, tra gli altri, Andrea Ghidoni, presidente del Comitato per la corporate governance di Assogestioni e Maria Patrizia Greco, presidente di Enel. Ghidoni ha sottolineato che ormai sono già più di 130 i consiglieri nominati dagli investitori istituzionali nelle società quotate italiane e che quando un fondo entra in una società è perché ci crede, non per assumerne il controllo, perché i fondatori. Greco ha ricordato l’esigenza che gli investitori istituzionali nel loro dialogo con la società individuino i giusti interlocutori, quali l’amministratore delegato e il direttore finanziario.

Milano

La ricerca degli interlocutori appropriati per gli investitori sul quale quest’estate c’era stata un’intesa, con una revisione del codice di stewardship. Un passaggio che appunto ha reso più disteso il clima(si veda Il Sole 24 Ore dello scorso 21 luglio) e che viene ritenuto un passaggio fondamentale per rendere più intenso l’engagement degli investitori. I quali, proprio con l’elezione di parte degli amministratori danno prova anche di un impegno nelle società di lungo termine.

La Conference 2016 è il secondo appuntamento organizzato dalle due associazioni italiane che raggruppano imprese ed investitori. L’apertura dei lavori è stata affidata a Gabriele Galateri di Genola, presidente del comitato italiano per la corporate governance (oltre che di Generali), secondo il quale: «La corporate governance è un elemento chiave per ristabilire la fiducia nei mercati dei capitali, ma anche per colmare il gap tra flusso in aumento dei risparmi e il crescente bisogno di investimenti necessari per sostenere la crescita». Ed ha sottolineato la necessità di calibrare le regole per le growth companies, in modo che ne siano rispettate le caratteristiche, restando capaci di dare fiducia al mondo degli investimenti». Anche il messaggio inviato dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sottolineava: «Un ruolo attivo degli investitori istituzionali, nel rispetto delle migliori pratiche, può, infatti, definire orizzonti di progresso collettivo e a migliorare il governo societario delle imprese in cui investono».

Ma la giornata di ieri ha registrato anche l’effervescenza recente su un tema che sembrava ormai viaggiare su binari piuttosto tranquilli, nonostante le polemiche sui casi singoli che si registrano a scadenze regolari. Ovvero la remunerazione dei manager. Guido Ferrarini, dell’Università di Genova, ha spiegato: «Due governi conservatori stanno andando in direzioni diametralmente opposte. Mentre negli Usa l’amministrazione Trump annuncia una deregolamentazione, in Inghilterra, Teresa May ha annunciato una stretta molto decisa, con un voto vincolante degli azionisti sulle politiche di remunerazione. Anche se poi con un successivo green paper sembra aver attutito la presa di posizione iniziale». Anche in Francia è stato introdotto un voto vincolante sulla parte variabile della remunerazione. Una soluzione “mediana”. Tanto che Ferrandini si è chiesto a questo punto che fine farà la direttiva europea sui diritti degli azionisti, di cui si sente parlare sempre meno e che prevede un voto vincolante solo sulla policy, restando “indietro” rispetto alle scelte che si vanno facendo nei singoli paesi.

Sul tema delle remunerazioni interviene anche la relazione annuale di Assonime ed Emittenti titoli sull’attuazione del codice di autoregolamentazione in materia di Corporate governance in Italia, edizione 2016, anticipata sul Sole 24 Ore di ieri (si veda anche la tabella qui accanto). L’autoregolamentazione, ha spiegato Galateri, «ha fornito uno strumento dinamico per identificare le migliori pratiche ed aggiornarle alle nuove sfide e opportunità indotte dall’evoluzione dei mercati dei capitali e dalle pratiche societarie».

Un dato curioso che emerge dalla relazione è la situazione dei sindaci. Mentre quella degli amministratori delegati quest’anno registra una crescita, in media nelle società di qualsiasi dimensione, per i sindaci, nonostante l’impegno e le responsabilità, la remunerazione diminuisce costantemente. Essi percepiscono infatti in media 47mila euro l’anno, con una discesa di 7mila euro nell’ultimo quadriennio.

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