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Riforma legata alle regole Ue, per Bankitalia e Tesoro va avanti

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UNIONE BANCARIA

Riforma legata alle regole Ue, per Bankitalia e Tesoro va avanti

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Bloomberg
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La previsione della legge sulla riforma delle banche popolari che limita il rimborso del recesso discende dall’applicazione di norme comunitarie. E in particolare dal Capital Requirements Regulation (CRR) dalla Capital Requirements Directive (CRD IV), le quali prevedono che le ragioni di stabilità degli intermediari finanziari possano prevalere sui diritti degli azionisti o dei possessori di strumenti finanziari. E, dunque, consentono di limitare il rimborso per chi esercita il recesso allo scopo di salvaguardare il rispetto dei requisiti di capitale della banca popolare che si trasforma in spa.

Nella sostanza, comunque, si torna sempre al tema di fondo che domina da qualche anno a questa parte il dibattito sulle banche. Le riforme varate in Italia, quella sulle popolare come la successiva sulle Bcc, sono figlie dell’Unione bancaria. E sull’altare di questa Unione, a tutela della stabilità del sistema, vengono sacrificati i diritti dei risparmiatori, azionisti o investitori che siano, come ampiamente hanno dimostrato le regole sul bail-in. Quanto sinora disposto dal Consiglio di Stato - e cioè la parziale sospensione della circolare attuativa della riforma - non può fermare il processo di trasformazione in spa per le popolari con un patrimonio netto superiore a 8 miliardi. Su questo l’interpretazione della Banca d’Italia è netta, così come secondo fonti del ministero dell’Economia non si arresta il processo avviato sin dallo scorso anno.

Se il management e gli azionisti delle grandi banche che ancora non hanno portato all’approvazione dell’assemblea il passaggio a spa, come la Popolare di Bari o la Popolare di Sondrio, decidessero di rallentare il processo in attesa degli eventi è un’altra questione. E bisogna capire se possono farlo, visto che comunque la norma impone termini precisi per completare il processo, e cioè 18 mesi dalla emanazione delle disposizioni della Banca d’Italia (pubblicate l’11 giugno 2015) che scadono alla fine di quest’anno. L’aspetto della normativa che forse può aprire un varco al giudizio di illegittimità è il passaggio che affida a Bankitalia il potere di consentire l’inserimento negli statuti di una clausola che va in deroga a norme primarie, nei fatti aggirando quanto previsto dal codice civile. E in questo caso si renderebbe necessario un intervento correttivo del legislatore.

Ad oggi gruppi bancari come Ubi, Popolare di Milano e Banco Popolare che si sono fusi, Creval, Bper, Polare di Vicenza, Veneto Banca hanno già deliberato in assemblea la fusione. I titoli delle popolari ieri hanno accusato a piazza Affari (Ubi -4,7%, Popolare di Sondrio -3,6%, Bper -2%, Banco Popolare -0,6%, Bpm -0,3%) e questo perchè, in base a quanto previsto dall’ordinanza, l’impatto reale può essere più che altro sui conti della banche.

Al momento hanno concluso il recesso Ubi, che ha soddisfatto solo per 13 milioni richieste che erano arrivate a 258 milioni, mentre Popolare di Vicenza (1,7 milioni le richieste) e Veneto Banca (14,5 milioni le richieste) si sono avvalse della clausola sul limite ai rimborsi in modo da non sborsare nulla. Popolare di Milano e Banco Popolare hanno la procedura ancora in corso; in base al prezzo fissato il recesso potrebbe costare fino a 207 milioni, ma non hanno ancora stabilito se rimborseranno e quanto. In corso anche il recesso di Bper e Creval, per il quale il costo dell’operazione potrebbe arrivare a 8,5 milioni.

L’assemblea della banca Popolare di Sondrio è chiamata ad approvare il passaggio a spa il prossimo 11 dicembre: difficile immaginare che l’ordinanza del Consiglio di Stato faccia fermare il processo avviato tra tante difficoltà.

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