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Milano si aggrappa a Wall Street e argina le perdite. Male le banche

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Milano si aggrappa a Wall Street e argina le perdite. Male le banche

Andamento titoli
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Milano vacilla, ma non affonda dopo l'esito del referendum e la decisione del premier Renzi di rassegnare le dimissioni. In una giornata positiva per i listini europei sostenuti anche dal buon andamento di Wall Street che continua ad aggiornare nuovi record, Piazza Affari ha chiuso in calo dello 0,21% a livello di Ftse Mib.

Le vendite si sono concentrate sul settore bancario e, in particolare, su Bpm (-7,91%) e Banco Popolare (-7,44%) che, dopo lo stop del Consiglio di Stato alla riforma sulle banche popolari potrebbero essere costrette a sborsare oltre 200 milioni agli azionisti che hanno esercitato il recesso. I due istituti, infatti, richiamando il parere di Bankitalia parevano orientate a non concedere questa possibilità, se non in misura minima, per evitare un indebolimento patrimoniale. Male anche Mps (-4,21%) dopo il rinvio di qualche giorno sulla ricapitalizzazione decisa dal consorzio di garanzia che riporta incertezza sul salvataggio dell'istituto.

Ad evitare un passivo più pesante per Piazza Affari ci hanno pensato i titoli maggiormente esposti verso gli Stati Uniti le cui prospettive economiche restano solide e dovrebbero portare la Fed ad alzare i tassi nella riunione della prossima settimana. Bene quindi Fca (+4,58%), Buzzi Unicem (+4,42%) e Cnh (+3,79%).

Sui listini americani (che hanno chiuso con nuovi record, qui l'andamento del Dow Jones e dell'S&P 500) predomina la spinta rialzista alimentata dalle notizie positive sul rafforzamento dell'economia americana arrivate la settimana scorsa e in attesa che la Fed rialzi i tassi di interesse la prossima settimana. I riflettori sono già puntati sulle decisioni monetarie da entrambe le parti dell'Atlantico: giovedì la Banca centrale europea terrà il consueto meeting sulla politica monetaria e la settimana prossima la Federal Reserve è chiamata a scegliere se alzare o meno il costo del denaro per la prima volta da dicembre scorso.

Sui mercati (qui l'andamento degli indici principali) , secondo gli operatori, si è diffuso il sollievo per aver evitato la tempesta perfetta, dato che l'altro appuntamento elettorale della domenica, le elezioni presidenziali austriache, si sono chiuse con un risultato, la vittoria dell'ecologista europeista Alexander Van Der Bellen, che pone un freno alla speculazione sulla tenuta dell'Eurozona.

Analisti: improbabili elezioni immediate
«L’esperienza del mio governo finisce qui» ha annunciato nella tarda serata di ieri Renzi, preannunciando per oggi pomeriggio la salita al Quirinale per consegnare le dimissioni al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Gli analisti di UniCredit notano che, se da una parte «la vittoria del “no” era stata prevista dai sondaggi e gli investitori mei mesi scorsi avevano già fatto effettuato alcuni aggiustamenti alle proprie posizioni», dall’altra «l’ampiezza del risultato va oltre le aspettative e mantiene alta l’incertezza». Per questo, secondo gli esperti, è probabile che sul mercato tornino a prevalere i ribassisti. Quanto saranno consistenti i volumi di vendita dipenderà, prosegue UniCredit, «dallo sviluppo degli eventi» nei prossimi giorni e «dal livello di rumore durante i primi stadi delle consultazioni» per la formazione di un nuovo governo. Lo «scenario centrale» degli analisti di piazza Gae Aulenti prevede comunque la nomina di un nuovo esecutivo e che non ci saranno elezioni imminenti, fatti che «limiteranno lo spazio per un ulteriore ampliamento dello spread».

S&P: per ora nessun impatto sul rating sovrano dell'Italia

Per l'agenzia di valutazione Standard & Poor's, inoltre, la vittoria del "no" al referendum sulla riforma costituzionale «per ora non ha impatto sul rating sovrano dell'Italia». Dal punto di vista della prospettiva della stabilità politica e dell'efficacia, l'agenzia riteneva che la riforma avrebbe comportato dei benefici, tuttavia - aggiunge - «il risultato del referendum non ha un impatto immediato sul merito di credito dell'Italia, in quanto non ha ricadute immediate per le
politiche economiche o di bilancio dell'Italia, oltre ai probabili cambiamenti di breve termine nella politica italiana».

Per Mps e UniCredit il nodo ricapitalizzazioni

L'incognita dei mercati finanziari riguarderà comunque in primo luogo i titoli bancari italiani a cominciare dalla fattibilità o meno delle ricapitalizzazioni di Banca Mps e Unicredit. I titoli dei due istituti hanno faticato a fare prezzo in avvio e hanno aperto gli scambi in netto calo per poi continuare la seduta in ribasso. Sulle montagne russe anche Banco Popolare, Banca Pop Mi, Banca Pop Er, Ubi Banca, Mediobanca e Intesa Sanpaolo, tutti protagonisti di partenze pesanti e di successive, forti oscillazioni.

L'instabilità politica pesa sulle utility
Insieme alle banche, l'altro settore che ha pagato dazio a Piazza Affari dopo il no al referendum sono state le utility complice anche il poco brillante andamento a livello europeo. Hanno così perso terreno Snam Rete Gas, Italgas, Enel e A2a: nessuno calo significativo, ma comunque si registra una leggera preoccupazione, da parte degli operatori, per il possibile impatto della crisi di Governo su alcuni processi di consolidamento del settore, a partire dal business del gas. Nel 2017, per esempio, in teoria sarebbero pronte a partire le gare per aggiudicarsi i nuovi ambiti territoriali del gas: un processo su cui Italgas, nel nuovo piano industriale, puntava per rafforzare la propria leadership in Italia. «Molte utility - sottolinea un report di Akros - negli ultimi tempi in Borsa hanno beneficiato delle riforme introdotte dal Governo sulla filiera ambientale e sulla distribuzione del gas, che avrebbero potuto favorire un consolidamento di questi segmenti con una occasione unica per la creazione di valore. Viceversa l'instabilità politica potrebbe ritardare l'implementazione di queste riforme e rafforzare le opposizioni locali».

Salgono i titoli dei gruppi esposti agli Usa e al programma di Trump
Sul FTSE MIB milanese gli ordini di acquisto hanno premiato in primo luogo i titoli delle società con una forte esposizione ai mercati esteri e quindi meno legati all'andamento del "rischio Italia". Gli analisti di Banca Akros, del resto, indicavano come «strategia difensiva» contro le possibili conseguenze del referendum di puntare proprio su «gruppi con una presenza dominante non domestica» e con «esposizione agli Usa e al programma di Donald Trump». Salgono inoltre i titoli dell'energia, premiati dal petrolio a quota 52 dollari al barile. Sono così in deciso rialzo Saipem, Fiat Chrysler Automobiles, Leonardo - Finmeccanica e Buzzi Unicem.

Spread a 169 punti base, rendimento BTp sopra il 2%
Dopo un'apertura a 172 punti base (dai 161 della chiusura di venerdì scorso), torna a restringersi anche lo spread tra Btp e Bund, che ha chiuso in area 167 punti base. Il rendimento del decennale italiano ora è al 201%, dopo aver toccato il 2,04% nelle prime battute e contro l'1,90% di venerdì. In ogni caso, secondo gli operatori interpellati da Il Sole 24 Ore Radiocor Plus, l'impatto dell'esito del referendum sui titoli di Stato italiani è stato «limitato e complessivamente inferiore al previsto». Secondo gli esperti, il peso maggiore si sta scaricando sulla scadenza decennale dei BTp, che sul mercato secondario viaggia su livelli di rendimento pari al 2%, 6-7 punti base più in alto rispetto alla chiusura di venerdì scorso. «Non c'è stato alcuno crollo - dice un trader - anche se si segnala un mercato molto sottile, con pochi scambi e liquidità molto ridotta». E' un segnale, secondo alcuni, del fatto che i mercati già stanno guardando oltre il referendum e in particolare a scadenze come la revisione del rating sovrano dell'Italia da parte dell'agenzia Dbrs (con le conseguenze che questo avrebbe per il mercato bancario italiano) o l'esito dell'aumento di capitale di Mps.

Sul mercato dei cambi, invece, l'euro è in netto recupero nei confronti del dollaro, dopo aver toccato nella notte i minimi dal 2003 a quota 1,05. La moneta unica è indicata a 1,073 dollari da 1,0669 venerdì in chiusura. Un euro vale anche 122,51 yen (121,13), mentre il rapporto dollaro/yen è a 114,12 (113,53).

Gudagna terreno il prezzo del petrolio: il future gennaio sul Wti sale dell'1,2% oltre 52 dollari al barile, mentre la consegna febbraio sul Brent segna +0,44% a 54,7 dollari.

L'Eurogruppo aspetta nuovo governo italiano, per ora no nuove misure

La situazione italiana post-referendum è stata al centro anche dell'Eurogruppo, la riunione dei ministri finanziari dell'area euro, a cui non ha partecipato Pier Carlo Padoan. «E' impossibile ora chiedere ai nostri colleghi italiani di impegnarsi in misure addizionali data la situazione politica, ora sta all'Italia
decidere i passi politici, di conseguenza Eurogruppo e Commissione aspettano il nuovo governo». Tuttavia da Bruxelles arriva l'invito a Roma «a prendere le misure necessarie per assicurare che il bilancio 2017 rispetti le regole del patto
di stabilità». Un nuovo esame della situazione arriverà a marzo. Per quanto riguarda l'allentamento dell'austerità, l'Eurogruppo non ha sostenuto, se non ha di fatto affondato, la proposta della Commissione europea di una svolta di
bilancio da impostare rapidamente per una maggiore spesa pubblica a livello dell'Eurozona di 50 miliardi (0,5% del Pil).

Vienna festeggia la vittoria di Van der Bellen
Anche la Borsa di Vienna ha festeggiato dopo la vittoria nelle presidenziali bis del verde europeista Alexandre Van der Bellen. Il listino austriaco ha chiuso in progresso dello 0,86%. Nel resto d'Europa, Londra ha chiuso a +0,24%, Parigi a +1% e Francoforte a +1,63%.

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)

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