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Se la Bce conferma lo scudo sull’Eurozona

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L'Analisi|In primo piano

Se la Bce conferma lo scudo sull’Eurozona

L’incertezza politica è l’elemento «dominante» della situazione dell’Eurozona, ha detto questa settimana il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, in un’intervista a “El Pais”.

La Bce ovviamente non è chiamata a prendere le sue decisioni sulla base della politica. La politica monetaria, ha ammonito correttamente in questi giorni il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, non è lo strumento per combattere i populismi.

Ma, ha spiegato Draghi, citando il voto britannico su Brexit e le elezioni negli Stati Uniti, «la questione cruciale è quanto questa incertezza politica influenzi la ripresa economica. Finora abbiamo visto che nel breve periodo la risposta a queste incertezze è stata più contenuta del previsto. I mercati hanno reagito piuttosto forte subito dopo il fatto, ma poi sono tornati a livelli precedenti».

Il voto presidenziale americano è quello che ha avuto le conseguenze più pesanti sui mercati obbligazionari e ha creato un’instabilità di fondo che può essere uno dei fattori che detteranno le scelte della Bce in termini di comunicazione della sua eventuale uscita dal Qe. L’ultima cosa che vogliono a Francoforte è provocare una stretta delle condizioni finanziarie attraverso un rialzo dei rendimenti.

A più lunga scadenza, l’elezione di Donald Trump può avere un effetto favorevole per la Bce. «Il cambio di Governo negli Stati Uniti – osserva Elga Bartsch, di Morgan Stanley, in una nota per il “consiglio ombra” della Bce, un gruppo di economisti che anticipa le decisioni dell’istituto di Francoforte – probabilmente causerà una posizione più restrittiva alla Federal Reserve l’anno prossimo. Ulteriori aumenti dei tassi d’interesse americani aiuteranno la Bce nel mettere in atto il suo Qe e spingere crescita e inflazione attraverso un euro più debole».

Le minacce politiche per la Bce vengono però ora da dentro l’Eurozona: il referendum italiano con possibili elezioni anticipate, e il voto in Francia e Germania nel 2017. L’impatto del voto in Italia è complicato dall’interferenza con le difficoltà delle banche. «Non credo – dice però Sylvain Broyer, economista di Natixis – che la Bce debba reagire con particolari misure al “no”. Le banche italiane hanno accesso a liquidità illimitata della Bce e il Governo può chiedere il supporto dell’Esm se necessario».

È soprattutto in Germania, dove lo stimolo monetario della Bce è malvisto fin dall’inizio (i due tedeschi in consiglio, Weidmann e la sua ex vice Sabine Lautenschlaeger, hanno votato contro il Qe), che le pressioni si intensificheranno con l’avvicinarsi delle elezioni politiche dell’autunno. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, non perde occasione di ripetere che è ora di riassorbire la liquidità creata. I “cinque saggi”, gli economisti che fanno da consulenti al Governo, hanno chiesto recentemente la fine del Qe. In campagna elettorale, alle esternazioni dei politici per i quali la Bce è un bersaglio favorito, si sommeranno le lamentazioni delle banche, un gruppo di pressione potente e fortemente legato alla politica. Ma, osservano Guntram Wolff e Maria Demertzis, direttore e vicedirettore del centro studi Bruegel, che sostengono invece che la Bce deve continuare con la politica monetaria accomodante, «la redditività delle banche tedesche è bassa da molti anni, se confrontata con gli altri Paesi europei, il che indica che ci sono problemi specifici in Germania».

Per Draghi e la Bce l’incertezza politica resterà la nota dominante ancora a lungo.

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