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Vicenza-Veneto, il piano all’esame della Vigilanza

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Vicenza-Veneto, il piano all’esame della Vigilanza

Fabrizio Viola è il nuovo amministratore delegato della Banca Popolare di Vicenza. La nomina è arrivata ieri, nel tardo pomeriggio, nel corso del consiglio di amministrazione dell’istituto, tenutosi a Milano. Viola, ex amministratore delegato, fino al settembre scorso, di Monte dei Paschi di Siena, è stato cooptato al posto del dimissionario Francesco Iorio. Contestualmente, a poche ore di distanza e a qualche centinaio di chilometri, il cda di Veneto Banca ha deciso a Montebelluna di cooptare lo stesso Fabrizio Viola all’interno del board, al posto di Beniamino Anselmi, dimessosi dalla carica di presidente poche settimane fa, e di affidargli la carica di presidente del Comitato Strategico.

La doppia nomina è prodromica alla fusione delle due banche: la scelta del manager segna una forte accelerazione nel progetto di creazione della superpopolare del Veneto, prova ne è che, nel comunicare l’esito dei rispettivi cda, le due banche hanno usato le stesse parole: «La fusione è da sottoporre in tempi brevi all’autorità di vigilanza e agli azionisti».

Fabrizio Viola - classe 1958, ex dg della Banca Popolare di Milano, ex ad della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, con incarichi ricoperti anche nel Gruppo Imi, Fondiaria e nella stessa Popolare di Vicenza, nel 2000, come vicedirettore generale - è stato scelto da Alessandro Penati, presidente del fondo Atlante, proprietario di entrambe le banche, proprio per rilanciare i due istituti e guidarli, una volta che saranno diventati uno solo. Ad affiancare Viola, sarà presumibilmente l’attuale amministratore delegato di Veneto Banca Cristiano Carrus, che, completata la fusione, potrebbe - con la benedizione della Bce - ricoprire il ruolo di direttore generale -. Mentre, per il momento, visto il divieto di legge dell’interlocking (cioé l’impossibilità per Viola di ricoprire ruoli di vertice in banche o assicurazioni concorrenti, nonostante Atlante possieda quasi il 97% di Veneto Banca), Carrus manterrebbe il ruolo di amministratore delegato.

Il progetto di fusione passa necessariamente attraverso lo studio che il team di manager delle due banche, assieme agli analisti di Boston Consulting, stanno mettendo a punto e che «speriamo sia pronto per metà dicembre», ha detto ieri il presidente di Popolare di Vicenza Gianni Mion. Secondo i piani, il progetto allo studio dovrebbe essere licenziato lunedì 12, mentre entro la metà del mese i due consigli di amministrazione, e l’azionista di maggioranza, cioé il fondo Atlante, dovrebbero dare una approvazione di massima, in modo da poter far pervenire lo studio alla Banca centrale europea quanto prima. Si resterà, poi, in attesa del via libera da parte dell’istituto di vigilanza, che arriverà presumibilmente entro la fine dell’anno. Le tappe successive prevedono che il piano, messo a punto e risolti tutti gli aspetti critici, venga sottoposto alle rispettive assemblee degli azionisti. Se nelle prossime settimane la Bce approverà la proposta di fusione, i due piani industriali stand alone attualmente in fase di stesura decadranno e da gennaio si porterà avanti il progetto di fattibilità licenziato dalla Bce. I tempi per decretare la fusione potrebbero essere quelli di aprile.

La fusione tra la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca prevederà, con molta probabilità, una integrazione totale, la nascita di un nuovo soggetto bancario per renderla più appetibile al mercato, e non la creazione di una società “federale”, con una holding e una serie di soggetti controllati. Questo dovrà comportare una serie di cambiamenti radicali e la risoluzione di non pochi nodi spinosi. Anzitutto, il problema del concambio, che dovrà essere definito anche alla luce delle richieste di recesso - dovrà essere individuata la forma tecnica per il ristoro dei clienti. Poi, la necessità di ulteriore capitale, che porterà quasi certamente ad un nuovo aumento da almeno un miliardo per ciascuna banca (Viola avrebbe accettato l’incarico di ad dopo aver ricevuto garanzie sulla ricapitalizzazione dei due istituti, anche per effettuare una totale pulizia delle sofferenze a bilancio). C’è la questione dei tavoli di conciliazione, per cui c’è bisogno di risorse e su cui bisogna spingere per riconquistare il territorio, altrimenti si perde lo zoccolo duro della clientela. C’è poi il tema del personale e degli esuberi ipotizzati: circa 2.500 persone su un totale di 10mila. Persone che “rappresentano” almeno altri 4-5 risparmiatori o azionisti ciascuno. Di certo c’è che i tagli al personale (che partiranno con i prepensionamenti già a marzo) saranno pesanti e che saranno vendute alcune controllate, come la siciliana Banca Nuova, per focalizzarsi maggiormente sul Nordest.

Molte, dunque, le questioni aperte. Mentre si chiude quella che riguarda Francesco Iorio; l’ormai ex amministratore delegato della Vicenza se ne va con una buonuscita che dovrebbe essere di poco superiore al milione di euro, cifra comunque inferiore ai 3 milioni previsti dal contratto. Iorio, che era direttore generale in Ubi Banca, è stato nominato ad di BpVi il primo giugno del 2015. Ha rassegnato le dimissioni domenica scorsa, dopo 18 mesi e 4 giorni di operato. Per accettare l’incarico nella Vicenza chiese un bonus di ingresso che giustificasse la perdita dei bonus maturati in Ubi, che la banca stimò in 1,7 milioni di euro. E firmò poi un contratto triennale di 1,7 milioni lordi annui.

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