Finanza & Mercati

Alla banca l’onere di trovare la via d’uscita coi vincoli Mifid

  • Abbonati
  • Accedi
i risparmiatori

Alla banca l’onere di trovare la via d’uscita coi vincoli Mifid

La Consob assicura massima collaborazione a Mps, ma nel rispetto del quadro normativo vigente. Il “caso” del giorno è la volontà uscita dal board dell’istituto senese domenica scorsa di riaprire l’offerta di conversione volontaria in azioni delle obbligazioni subordinate della banca, coinvolgendo anche il retail. L’Authority di mercato ha fatto sapere di aver ricevuto finora «soltanto un’informativa preliminare e sommaria sull’esito del cda». Troppo poco per riaprire un’offerta al pubblico, cosa che richiederebbe perlomeno un supplemento al prospetto già utilizzato per l’operazione di conversione che si è chiusa il 2 dicembre, se non addirittura un documento informativo del tutto nuovo se la nuova proposta si discostasse in modo sostanziale dalla precedente.

Il tempo stringe perchè, salvo sorprese, entro fine mese, saltando da una festività all’altra, Mps dovrebbe aver completato la mission impossible della ricapitalizzazione da 5 miliardi. Ma il problema, fanno notare fonti vicine alla Commissione, non sono nemmeno i tempi: nell’autorizzare la pubblicazione del prospetto per la conversione dei bond Consob non ha impiegato i 30 giorni regolamentari per vagliare la documentazione. La questione è a monte: derogare alle regole Mifid non si può, tanto meno può farlo la Consob. Nell’offerta volontaria, che si è conclusa con adesioni per poco più di un miliardo rispetto al totale di 4,3 miliardi di bond subordinati (dieci emissioni) a cui era rivolta, le adesioni del retail sono state minime. A prescindere dalla volontà degli investitori privati, la Mifid per le operazioni in conflitto d’interessi prevede presidi a tutela del risparmiatore, e in particolare quell’adeguatezza “bloccante” che ha impedito di accettare richieste provenienti dalla clientela senza un profilo idoneo all’investimento azionario. Queste norme erano state richiamate espressamente nel prospetto informativo e, secondo quanto viene ricostruito, sarebbe stata la stessa banca, Mps, a riconoscere di dovercisi attenere. Le regole comportamentali impedivano inoltre alla banca di sollecitare la clientela retail ad aderire all’offerta e, nel caso in cui il risparmiatore-obbligazionista fosse stato giudicato idoneo all’investimento azionario, ci sarebbe voluta comunque un’espressa richiesta scritta per accedere alla conversione.

Toccherebbe dunque ora alla banca trovare una soluzione per coinvolgere il retail rispettando la Mifid, mentre toccherebbe alla Consob autorizzare la nuova offerta. La soluzione a oggi non è stata rappresentata e, pare di capire, da parte dell’Authority nemmeno si immagina quale potrebbe essere. Da parte di Mps si pensa che la questione potrebbe essere affrontata se si permettesse di aderire alla conversione negli sportelli della banca: i circa 200 milioni arrivati da privati nell’offerta che si è conclusa a inizio mese sarebbero stati tutti portati da altre banche depositarie.

Quel che non è chiaro, comunque, è cosa succederebbe in alternativa a un piano di ricapitalizzazione “privato” che sembra sempre più difficile da condurre in porto, dato che il consorzio bancario capofilato da JP Morgan e Mediobanca ha già fatto sapere che non presterà garanzia e che da metà mese gli investitori istituzionali “chiudono i libri” e sono ben poco disposti a prendere nuove posizioni, tanto più se ad alto rischio. L’ipotesi più accreditata che circolava all’indomani dell’esito referendario prevedeva la conversione “obbligatoria” dei bond subordinati in azioni Mps, lasciando così solo circa un miliardo da coprire con un intervento pubblico. Non si conoscono però le condizioni dell’eventuale conversione forzosa, nè ci sono precedenti cui fare riferimento perchè anche nel caso della ricapitalizzazione d’emergenza delle quattro banche greche, lo scorso anno (e, dunque, pre bail-in), benchè espressamente previsto non c’era stato bisogno di interventi forzosi.

Da segnalare, infine, che andrebbero vagliate in modo differente le posizioni degli investitori privati che hanno sottoscritto emissioni differenti da quella da 2,1 miliardi espressamente aperta al retail. Un lettore ha segnalato di essersi trovato in portafoglio un bond subordinato, sottoscritto nel 2007, con taglio “istituzionale” da 50mila euro.

© Riproduzione riservata