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L’affondo di Vincent Bolloré e l’entrata «non sollecitata»

Vincent Bolloré
Vincent Bolloré

Al quartier generale di Vivendi nessuno lo dice apertamente, è ovvio. E ufficialmente le fonti del gruppo si limitano a rimandare al testo del comunicato diffuso in serata. Ma è del tutto evidente che l’acquisizione del 3,01% di Mediaset è un’operazione ostile (come peraltro chiarisce Mediaset). «Le lasciamo il compito di scegliere le parole», dicono i collaboratori di Vincent Bolloré e Arnaud de Puyfontaine. Ma l’opzione dell’aggettivo “ostile” non viene contestata. Anche se forse a Parigi preferirebbero «operazione non sollecitata». Il senso, in fondo, è lo stesso. «Certo – aggiungono con un pizzico di ironia – immaginiamo che dalle parti di Milano, Arcore e Cologno Monzese ci sia stato un innegabile effetto sorpresa».

Poi si passa al significato strategico dell'iniziativa. Per ribadire che «il progetto del Netflix europeo, con una forte caratterizzazione legata all’Europa del Sud, rimane più valido che mai e ben più importante in prospettiva del contenzioso su Premium». D’altronde non è certo una novità che quando il finanziere bretone si pone un obiettivo strategico è ben difficile che abbandoni per strada e molli l’osso davanti al primo ostacolo. Come ha fatto proprio con Vivendi. Come sta facendo – sicuramente su dimensioni ridotte – con Ubisoft (dopo aver rilevato Gameloft). E come ha sempre fatto nella sua lunga carriera di imprenditore e di raider.

Intanto le domande si accavallano. Tutti cercano di capire quale sia il disegno complessivo e finale di Bolloré. Qual è la partita che sta davvero giocando e che ruolo avrà Telecom Italia (di cui Vivendi è l’azionista di riferimento con il 25%). A maggior ragione dopo lo scambio di battute con il ceo di Orange Stéphane Richard sulla possibile evoluzione dei rapporti con il colosso telecom ex monopolista pubblico. Gli ossservatori più intrepidi immaginano un'operazione in grandissimo stile che alla fine metta insieme Vivendi e Orange, con una partecipazione incrociata, frutto dell'apporto da parte di Vivendi di Telecom Italia (sulla quale Richard non ha mai nascosto il proprio interesse). E che abbia in pancia Canal+ e Mediaset. Anche se sembra difficile che un simile progetto possa prendere forma prima delle elezioni presidenziali, visto che lo Stato detiene il 23% di Orange (e il 30% dei diritti di voto).

Le fonti di Vivendi tengono a ribadire che «non c’è e non ci sarà alcun collegamento tra Telecom Italia e l’operazione Mediaset» e che un eventuale accordo con Orange «riguarderebbe solo Canal+ e non la casa madre». Di sicuro è che a Orange interessano Canal+ e Telecom Italia. E che Bolloré ha focalizzato la propria strategia sull’integrazione tra produzione dei contenuti e distribuzione (cioè le telecomunicazioni). Accarezzando senza dubbio l'idea di fare da elemento centrale di un nuovo gigante del settore a cavallo tra Francia e Italia. I pezzi del puzzle ci sono, si tratta di incastrarli correttamente.

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