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La fiducia sull'Italia e la risposta del mercato

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L'Analisi|In primo piano

La fiducia sull'Italia e la risposta del mercato

Pochi casi di crisi da risolvere, se serve, con l'intervento dello Stato non possono frenare il rilancio delle banche sono autonomamente in grado di procedere sul mercato, come dimostra l'accoglienza riservata ieri dagli investitori al progetto di trasformazione di UniCredit.
L'elemento più rilevante per il sistema economico e finanziario italiano del piano industriale di UniCredit è la scelta strategica di continuare con forza a puntare sull'Italia. Non era scontato in un gruppo paneuropeo alle prese con un piano di ristrutturazione che doveva portare anche alla cessione di alcune attività.

La scelta, probabilmente dolorosa per la rinuncia agli utili che apportavano al gruppo, è caduta sulla polacca Bank Pekao e sull'asset manager globale di Pioneer. Va dato atto al chief executive officer francese Jean Pierre Mustier, che in più occasioni a parole si era speso per evidenziare il rilievo economico e il talento imprenditoriale delle aziende italiane, di voler rilanciare il gruppo puntando proprio sul turnaround dell'attività in Italia. Una scelta forte, se si pensa che circa l'80% dello stock dei crediti in sofferenza (Npl) deriva proprio dalle attività in Italia fino al 2011. Ma non un azzardo, poiché già da almeno tre anni la qualità dei nuovi crediti è in miglioramento. La zavorra che pesava sui conti era lo stock pregresso. E per quello serviva una coraggiosa operazione verità di pulizia dei conti che segnasse un taglio forte con il passato.

La scelta di Mustier è stata di procedere con l'avvio di una cartolarizzazione da 17,7 miliardi di crediti in sofferenza e con il contemporaneo innalzamento delle coperture dell'intero portafoglio di Npl e crediti incagliati (unlikely to pay, nella nuova definizione dell'Eba). Decisione che ha come conseguenza quella di coprire la perdita che si genererà con la pulizia di bilancio attraverso l'aumento di capitale più elevato mai fatto da una banca italiana (13 miliardi).
La ricapitalizzazione, che andrà sul mercato a febbraio, segnerà con ogni probabilità - dati i valori in campo - una cesura rilevante con l'azionariato storico basato sulle Fondazioni bancarie. Un'altra trasformazione, tra le tante indotte dal nuovo piano, che porterà anche a una nuova composizione del consiglio di amministrazione in cui troveranno più spazio i rappresentanti degli investitori istituzionali che dovrebbero essere attratti dai nuovi target di profitti (l'utile atteso al 2019 è di 4,7 miliardi).

Il turnaround della redditività sarà possibile, oltre che grazie alle azioni finanziarie e sui crediti in sofferenza, attraverso la svolta industriale del modo di fare banca. Anche in questo caso si tratta di chiudere con modelli del passato guardando al futuro (e al presente) imposto dalla rivoluzione digitale. Nel piano, UniCredit prevede solo in Italia la chiusura di 883 sportelli bancari da cui deriveranno 3.900 esuberi di dipendenti (6.500 in tutta Europa), con modalità da discutere con le rappresentanze sindacali.

Se il mercato ha dato un primo responso positivo all'annuncio del piano è soprattutto perché tutte le leve della ripresa reddituale sono nelle mani del management. Stime conservative su tassi e andamento dell'economia non creano illusioni sulla crescita dei ricavi, gran parte dell'incremento reddituale deriverà dal taglio dei costi che Mustier si è impegnato ad attuare. Una sfida complessa ma realizzabile se il mercato, come ha fatto ieri, continuerà a stare al fianco del banchiere francese.

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