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Bolloré il jazzista della finanza dalle molte carte da giocare

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Bolloré il jazzista della finanza dalle molte carte da giocare

Vincent Bolloré è un jazzista della finanza: improvvisa con estro. Forse il disegno finale non è chiaro neppure a lui, ma sa che ha diverse carte da giocare. Ora ha avviato l’affondo su Mediaset con l’obiettivo - «in un primo tempo», come espressamente dichiarato da Vivendi - di arrivare fino al 20% del gruppo televisivo che fa capo alla famiglia Berlusconi. Ma Vivendi è anche l’azionista di riferimento (incontrastato) di Telecom Italia, con una quota che sta ricostituendo appena sotto il 25%, perché di lanciare un’Opa non se ne parla. E in più in Francia è in trattative avanzate con Orange, per far entrare l’incumbent transalpino con una quota di minoranza in Canal Plus, la pay-tv che naviga in profondo rosso tra scioperi e maretta sulla sua linea editoriale. Non è escluso - e conoscendo il modus operandi di Bolloré è probabile - che sul tavolo dei negoziati con l’ex France Telecom ci sia anche uno scambio azionario, con un ingresso “simbolico” di Vivendi in Orange.

Del resto è quello che Vivendi ha fatto anche nei confronti di Telefonica, dove è entrata con una quota di poco inferiore all’1% nell’ambito della cessione della brasiliana Gvt e del subentro nel capitale di Telecom.

È ancora una nebulosa in attesa che si componga un quadro definito, ma - nell’ottica di Parigi - quello che potrebbe uscirne è un “reticolato” che comprenda i contenuti di Vivendi e Mediaset, da una parte, e i canali di trasmissione delle tlc di Orange e Telecom dall’altra, per dar vita al progetto sbandierato già da tempo di costruire una Netflix europea, partendo - per iniziare - dall’Europa mediterranea, con la Francia, l’Italia e la propaggine spagnola di Mediaset che controlla Telecinco.

In questo scenario, almeno per ora, resterebbe fuori Telefonica, che pure è ancora presente con una quota di poco superiore al 10% in Mediaset Premium, la pay-tv per la sistemazione della quale ha avuto origine tutto l’ambaradan. Solo pochi mesi fa - a quanto risulta - Bolloré l’aveva buttata lì quasi per scherzo all’ex presidente di Telefonica, Cesar Alierta, che un ruolo di dominus sul gruppo iberico ancora ce l’ha. Magari vi rivendo a 1,5 euro la quota di Telecom, avrebbe detto Bolloré rivolto all’interlocutore spagnolo. Non se ne è fatto niente e ora l’asse privilegiato sembra essere quello domestico, con Orange che, a intermittenza, non ha nascosto le mire su Telecom, rintandosi ogni volta di fronte a qualche accenno di “sorpresa” da parte italiana. Ma, per l’appunto, ora a parlarsi sono direttamente i francesi.

Bene, ma che c’entra tutto questo con Mediaset? C’entra, perché - almeno in questa fase - l’obiettivo di Bolloré sembra proprio essere quello di sedersi a trattare in posizione di forza con la famiglia Berlusconi, puntando a riaprire un dialogo direttamente con il capostipite Silvio che, nell’impressione che se ne sarebbe fatto, sarebbe forse più disponibile dei figli impegnati nelle aziende a considerare in prospettiva la possibilità di “diluirsi” in un polo più articolato e “potente”. Una scommessa che è anche un azzardo perché non tiene conto delle possibilità di arrocco di un gruppo che comunque è fortemente radicato nel sistema italiano. Ovvio che Vivendi, con il suo 20%, punta a diventare l’interlocutore “obbligato” di Mediaset e a costituire una minoranza di blocco che impedisca altre alternative. La scommessa si gioca sulla spregiudicatezza di chi prova a porre l’alternativa: meglio avermi amico o nemico, considerato che ho in mano anche la leva delle tlc?

Nella fase successiva all’assalto ad arma bianca è probabile che ci sia una tregua per tentare l’accordo che a luglio non è riuscito: spostare cioè il tavolo sul piano di un coinvolgimento avvolgente dell’intero gruppo Mediaset, di cui Premium è solo un corollario problematico. Non c’è da dimenticare che Bolloré in proprio controlla Havas, che si definisce una «fully integrated global advertising company» e l’interesse a puntare su un collettore di pubblicità come Mediaset potrebbe andare anche oltre i confini di Vivendi.

Ad ogni modo, il blitz francese è caduto - forse non proprio casualmente - in un momento in cui c’era un vuoto di poteri a Roma, con il passaggio di consegne tra un Governo e l’altro. Ma la politica ieri una paletta l’ha alzata. «Il Governo monitorerà con attenzione l’evolversi della situazione», ha promesso il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ha anche osservato come tentare una scalata ostile a uno dei più grandi gruppi media italiani non sia «il modo più appropriato» di rafforzare la propria presenza nel Paese.

È tutto da verificare quindi, se non si ricomporrà la situazione con un accordo, se Bolloré deciderà comunque di procedere con la fase 2, di andare oltre cioè il 20% che aveva fissato come prima tappa. Liquidità nelle casse di Vivendi ce n’è ancora: 2,5 miliardi di posizione netta attiva a fine settembre, da decurtare per tener conto dei nuovi acquisti.

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