La Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base portando il costo del denaro all'ingrosso negli Usa nel nuovo range compreso tra 0,5% e 0,75%. Questa notizia era ampiamente attesa e non ha “sconvolto” più di tanto gli investitori. Ciò che non era atteso era il programma che la banca centrale ha per il 2017: alzare i tassi altre tre volte, anziché due come atteso dai mercati. Tecnicamente quindi si tratta di una sorpresa che, non a caso, si è subito riverberata sulle quotazioni finanziarie dei vari asset.
Il rendimento dei Treasury a 10 anni è balzato dal 2,5% al 2,6%. È salito anche quello del Bund tedesco (da 0,32% a 0,37%) ma meno rispetto al tasso del “cugino” americano. Di conseguenza lo spread Usa-Germania (in questo momento certamente più interessante rispetto allo spread Italia-Germania) si è impennato sul territorio inesplorato di 221 punti base.
Seguendo il rialzo dei tassi il dollaro si è rafforzato su scala globale. Il dollar index - che ne confronta l'andamento con le altre sei più importanti valute globali - è balzato ai massimi da 13 anni. Il cambio euro/dollaro è sceso ampiamente sotto quota 1,05, come non accadeva dal 2015.
Il rafforzamento del dollaro, unitamente alla ritrovata propensione al rischio degli investitori (accelerata come spesso accade dall'esigenza di fare cassa e quindi performance a fine anno) sta indebolendo l'oro che anche oggi cede quasi il 2% (negli ultimi due mesi ha perso quasi il 20% neutralizzando buona parte del guadagno che aveva messo a segno da inizio anno).
L'indebolimento dell'euro sta dando nuova linfa alle Borse europee che sono reduci da settimane spumeggiante. In 10 giorni Piazza Affari ha guadagnato il 16%. Wall Street resta su valori prossimi ai record storici. La Borsa statunitense - essendo gli Usa un'area più sicura della più prospetticamente turbolenta Eurozona - si è rivelata con un +8% da inizio anno finora la valvola di sfogo dell'abbondante liquidità che deriva dalle politiche espansionistiche tenute negli ultimi anni dalle banche centrale e dalla rotazioni tecniche di asset finanziari.
In questo momento gli investitori stanno vendendo le obbligazioni - perché i tassi stanno salendo e di conseguenza i prezzi, che si muovono in maniera inversa, “devono” scendere - e comprando azioni. Un fenomeno noto come la “grande rotazione”. Dai bond all'equity.
La domanda è, a questo punto, fino a quanto potrà durare questo trend che, come ogni tendenza, ha un inizio e una fine. Soprattutto considerato che Wall Street viaggia con un rapporto prezzo/utili (secondo i calcoli dell'economista e premio Nobel Robert Shiller) oltre 28 volte. Un multiplo da bolla.
Secondo molti esperti c'è una soglia tecnica. Quando i Treasury Usa saranno venduti a tal punto da far sì che il nuovo rendimento (a parità di cedola) si impenni dal 2,6% al 3%, sarà il segnale che potrà partire la “rotazione reverse”. Ovvero gli investitori che oggi stanno vendendo bond e comprando azioni, potranno iniziare a fare l'opposto: vendere azioni (che rischiano l'effetto bolla) e ricomprare obbligazioni Usa a tassi di partenza molto più interessanti. Quale sarebbe appunto il 3%.
Qualora l'investitore europeo volesse replicare questa strategia è bene che sappia che è probabile che se il Treasury arriva al 3% probabilmente contestualmente il dollaro si sarà ancor più avvicinato alla parità con l'euro. A quel punto il rischio cambio (ovvero un eventuale recupero dell'euro sul dollaro) potrebbe mettere in difficoltà quel 3% di partenza che sarebbe, nell'ipotesi , garantito dai titoli di Stato Usa.
Il mercato è, come sempre, paragonabile a una fisarmonica. Le classi di investimento si muovono sempre con una certa logica che ne riflette armonie (o trend) del momento. Tenendo fede al vecchio adagio “nessuno ti regala mai niente”.
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