Il prezzo del petrolio stenta tuttora a decollare dopo i tagli di produzione decretati da Opec e Russia. Ma per Bp la crisi sembra già essere alle spalle. La compagnia britannica ha preso ad annunciare investimenti miliardari con cadenza quasi giornaliera: l’ultimo ieri riguarda una partnership con Kosmos Energy, in cui si è impegnata a spendere quasi un miliardo di dollari per sviluppare risorse di gas al largo di Senegal e Mauritania.
Appena due giorni fa aveva concluso un lungo negoziato con gli Emirati arabi uniti, rilevando per 2,4 miliardi il 10% del maggior deposito onshore di petrolio ad Abu Dhabi, mentre il 30 novembre - in coincidenza con il vertice Opec - aveva dato via libera a un investimento da 9 miliardi per espandere la produzione di greggio di Mad Dog, nel Golfo del Messico.
Nei giorni successivi Bp aveva sanzionato anche un progetto da 8 miliardi di dollari nel Gnl in Indonesia e rilevato da Eniper 375 milioni una quota di Zohr, il maxigiacimento egiziano di gas. In più si era aggiudicata qualche licenza nel Mare del Nord.
Un elenco impressionante, che dimostra che la major faceva sul serio quando diceva di essere pronta a voltare pagina dopo il disastro della Deepwater Horizon. L’esplosione della piattaforma al largo della Louisiana è costato a Bp circa 60 miliardi di dollari, tra risarcimenti legali e spese di ripristino ambientale, che sono stati finanziati con una drastica cura dimagrante.
Cessioni di asset e tagli draconiani alle spese avevano ridotto all’osso produzione e riserve petrolifere di Bp, che ora cerca di recuperare terreno. Ma il suo attivismo è forse anche il primo segnale evidente di un’inversione di rotta nel settore dopo oltre due anni di crisi durissima.
Secondo gli analisti di Wood Mackenzie il 2016 dovrebbe segnare «il punto più basso nel ciclo di investimenti» delle major e se il barile si manterrà a 55 dollari nel 2017 Big Oil dovrebbe tornare per la prima volta da tre anni a generare flussi di cassa positivi.
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