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Per ora niente «scudo» in vista: avanti con la moral suasion

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Per ora niente «scudo» in vista: avanti con la moral suasion

Se la tensione ai vertici di Fininvest sale ogni ora di più, nel governo la preoccupazione per il blitz francese si scontra con la evidente difficoltà di varare uno “scudo” salva Mediaset. Ieri alle 19 e 30 si è riunito il consiglio dei ministri ma la durante la riunione, secondo una fonte autorevole, non si sarebbe andati oltre l’ordine del giorno (l’aggiornamento degli obiettivi di finanza pubblica): nessun commento quindi sul nuovo affondo di Vivendi ufficializzato ai mercati appena un’ora prima.

Il governo, anche in considerazione degli equilibri politici che potrebbero suggerire un dialogo con Berlusconi, sulla tenuta stessa dell’esecutivo in Parlamento oltre che sulla nuova legge elettorale, intende mantenere alto il livello di attenzione e proseguire lungo la linea della moral suasion “di sistema”, forte dell’attivismo dell’Authority per le comunicazioni e dell’intervento della Consob. Resta però molto complicato immaginare misure o provvedimenti normativi anti scalata.

Il sottosegretario alle Comunicazioni del governo Renzi Antonello Giacomelli (dovrebbe essere confermato nei prossimi giorni) è tornato pubblicamente a parlare di «errore compiuto dal centrosinistra vent’anni fa di privatizzare la rete Telecom ». Solo memoria storica? Forse in un’ala del Pd resta forte la tentazione di scorporare la rete telefonica e metterla sotto il controllo pubblico, vecchio pallino che ciclicamente ritorna, stavolta con l’obiettivo di costruire un argine alla “Media-Telecom” vagheggiata da Vincent Bolloré, che del primo operatore telefonico è tramite Vivendi l’azionista di maggioranza con il 24,68 per cento.

Ma questa strada non sarebbe ritenuta percorribile dai ministri impegnati in prima persona sul dossier: troppo alto il rischio di apparire come un governo protezionista, nei confronti per giunta di una società europea, e troppo alto il rischio di condizionare gli investimenti sulla banda ultralarga già pianificati da Telecom.

Ciò non significa però che le Autorità, in indipendenza dal governo, non si stiano muovendo.

Sulla vicenda l’Agcom, dopo il comunicato del 15 dicembre, per ora accumula informazioni, in attesa di preparare un atto formale. La legge, il Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici (Tusmar), dà all’Authority la possibilità d’intervenire con un richiamo anche in caso che si rischi di arrivare a un controllo comune delle due società da parte di Vivendi o di un qualsiasi altro soggetto. I punti da chiarire non mancano. «Noi vogliamo - ha dichiarato ieri a La 7 Graziano Delrio, ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti - che l’operazione tra Vivendi e Mediaset sia chiara, ma ci pare che questa vicenda di chiaro abbia poco. È una grande azienda italiana e vogliamo assicurarci che tutto si svolga secondo le regole. Il fatto che sia di Silvio Berlusconi non ha rilevanza».

Le questioni allo studio degli uffici dell’Authority sono diverse: una riguarda la posizione di Vivendi in Telecom Italia. Se, cioè, si tratta o meno di una posizione di controllo. Come Il Sole 24 Ore ha già ricordato, il Tusmar fa sussistere il controllo anche nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria, quando ricorrano alcune situazioni.

Tra queste, il fatto che un soggetto, da solo o in concertazione con altri soci, abbia la possibilità di esercitare la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria o di nominare o di revocare la maggioranza degli amministratori. O quando vi siano rapporti idonei a conseguire, tra gli altri, il coordinamento della gestione dell’impresa con quella di altre imprese al fine di perseguire un obiettivo comune; o l’attribuzione di maggiori poteri rispetto a quelli derivanti dalle azioni o dalle quote possedute. Vivendi ha il 24,68% di Telecom Italia, che detenendo una quota del 44,7% sul mercato prevalente delle telecomunicazioni non può acquisire ricavi superiori al 10% del Sistema integrato delle comunicazioni (Sic) creato dalla legge Gasparri. Una norma ad hoc creata nel 2004 per proteggere Mediaset e gli operatori televisivi da eventuali scalate del colosso della telefonia. Per tutti gli altri soggetti la quota raggiungibile nel Sic, prima di far scattare il divieto di legge, è quella del 20% sui ricavi totali del sistema.

Un’altra questione allo studio dell’Agcom riguarda le dimensioni del Sic. Sembra che la quota del 13,3% sul totale detenuta da Fininvest nel 2015 sia tale calcolando sul totale anche i proventi italiani di Google e Facebook e quindi non dovrebbe diluirsi nel calcolo del 2016, ma l’Agcom dovrà fare chiarezza anche su questo punto, affatto secondario. Acquisite le informazioni e verificati tutti i dati, l’Agcom potrebbe decidere di convocare i soggetti interessati e aprire un’istruttoria. La decisione di Vivendi di salire dal 20 al 30% in Mediaset, sulla soglia dell’Opa obbligatoria, potrebbe far accelerare i tempi e far aprire l’istruttoria dopo le feste.

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