Finanza & Mercati

Soia superstar dell’agricoltura Usa: nel 2016 ha reso più…

  • Abbonati
  • Accedi
materie prime

Soia superstar dell’agricoltura Usa: nel 2016 ha reso più dell’oro

(Marka)
(Marka)

È stata l’ancora di salvezza per i coltivatori americani, in un’annata in cui hanno registrato i peggiori introiti dal 2009. Ed è stata fonte di guai per molti fondi speculativi e società di trading. La soia ha stupito tutti nel 2016: mentre grano e mais si avviano a concludere l’anno in ribasso al Chicago Board of Trade (Cbot), le quotazioni del legume - reduci da un andamento insolitamente volatile negli ultimi mesi - registrano rialzi a doppia cifra percentuale.

La settimana scorsa un miglioramento del clima in Argentina ha fatto prevalere le vendite e per la prima volta da un mese i semi di soia sono scesi sotto la soglia psicologica dei 10 dollari per bushel. Ma la performance per il 2016 – salvo sorprese nei prossimi giorni – si annuncia decisamente positiva: con un rialzo del 13,5% la soia finora ha reso molto più dell’oro (il metallo prezioso fino a venerdì segnava un progresso del 6,8%). Era dal 2012 che il prezzo della soia non aumentava su base annua.

Per l’agricoltura a stelle e strisce è l’unica nota positiva del 2016. Le ultime previsioni dell’Usda, diffuse a novembre, indicavano entrate in calo per il terzo anno consecutivo per il settore, con una flessione addirittura del 17,2% a 66,9 miliardi di dollari, il minimo dal 2009. Quattro stagioni consecutive di raccolti da primato hanno gonfiato le scorte di prodotti agricoli. Anche l’allevamento soffre a causa di un eccesso di capi di bestiame.

Nemmeno per la soia si può parlare di carenze. Le scorte di semi sono abbondanti, anche a livello globale. Ma i raccolti dei grandi produttori latino americani, Brasile e Argentina, hanno deluso dando una spinta all’export dagli Usa e di riflesso alle quotazioni del prodotto. E i consumi sono in crescita.

Per l’olio di soia in particolare la situazione è critica, con l’Usda che prevede un rapporto scorte-consumi globali del 5,2% nella stagione 2016-2017, il più basso dal 1974-75. La domanda è forte anche per compensare ridotte forniture di altri oli vegetali, come quello di palma. Inoltre c’è il fronte biocombustibili: l’olio di soia, impiegato anche per il biodiesel, ha ricevuto un impulso dal rally del petrolio e dall’aumento delle quote obbligatorie di biofuel negli Usa: il nuovo mandato, annunciato dall’Epa il 23 novembre, impone l’impiego di 19,28 miliardi di galloni di combustibili “verdi” nel 2017, il 6,5% in più rispetto a quest’anno.

L’intero comparto della soia è nel mirino degli hedge funds, che da mesi sono posizionati in modo fortemente rialzista. Sui semi di soia al Cbot le posizioni nette “lunghe” (all’acquisto) superano tuttora 110mila contratti, mentre l’anno scorso – con fondamentali non molto diversi – prevalevano i “corti”, con un vantaggio di circa 30mila contratti. Per la soia del resto tutto il 2016 è stato all’insegna della speculazione. Dopo un inizio d’anno in sordina, in marzo le quotazioni dei semi si erano impennate di oltre il 40% fino a superare 12 $/bushel, ai massimi da 2 anni. I raccolti generosi negli Usa (e le semine da primato) avevano provocato una forte correzione nei mesi estivi, ma in seguito il rally è ripreso sulla spinta di forti esportazioni americane e di acquisti record da parte della Cina.

Le repentine inversioni di rotta dei prezzi hanno scottato anche trader esperti. I quattro colossi dell’agribusiness noti come «ABCD» – Archer Daniels Midland, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus – hanno tutti ammesso difficoltà legate alla volatilità del mercato della soia. Wilmar, società di Singapore, nel 2° trimestre ha perso 344 milioni di $ nella divisione cereali e semi oleosi anche a causa di «acquisti intempestivi di soia in un mercato altamente volatile».

© Riproduzione riservata