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Mediaset porta il piano a Londra

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Mediaset porta il piano a Londra

I mercati riaprono con l’incognita del prosieguo della scalata di Vivendi a Mediaset, con il titolo che si è assestato venerdì poco sopra i 4 euro. Il gruppo presieduto da Vincent Bolloré potrebbe attendere che si chiarisca il quadro regolamentare, chiedere la convocazione di un’assemblea per fare ingresso in cdao anche lanciare un’Opa. Ma Mediaset non può permettersi di restare paralizzata. Confermata quindi la presentazione del piano industriale a metà gennaio a Londra. Saranno illustrate le strategie di tutto il gruppo per il prossimo triennio, ovviamente nell’ottica di continuità con la proprietà attuale che fa capo alla Fininvest della famiglia Berlusconi.

Natale è passato senza sciogliere l’incognita dell’assedio francese. Vivendi è salita al 29,94% dei diritti di voto di Mediaset e non può andare oltre senza lanciare un’Opa. Secondo alcuni osservatori, prima di muovere nuovi passi la media company transalpina cercherà di chiarire quale è il quadro normativo e quali le ricadute di eventuali decisioni.

Dall’incontro con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda si è capito che perlomeno non ci saranno “ritorsioni” su Telecom Italia, di cui Vivendi è azionista di riferimento con quasi il 24%. Non ci saranno cioè decreti per imporre lo scorporo della rete di tlc cosa che, oltretutto, Bruxelles non potrebbe non bocciare, anche se il ministro non ha fatto mistero di non gradire “scorribande”. Tuttavia il monito dell’Agcom potrebbe rivelarsi più denso di conseguenze di quello che si poteva pensare. L’Authority delle tlc aveva fatto subito sapere che l’eventuale avanzata francese su Mediaset avrebbe potuto essere contraria alla legge in quanto Vivendi potrebbe esercitare un’influenza dominante su Telecom (formalmente andrebbe provato) e il Sic/legge Gasparri impedisce che sia riferibile a un unico soggetto il controllo di un operatore con oltre il 40% del mercato delle tlc (come è l’incumbent) e con oltre il 10% di quota nei media (come il Biscione). Poi l’Agcom ha aperto un’istruttoria e da ultimo - secondo quanto riferito da «Il Sole 24 Ore» del 24 dicembre - si è saputo che sarebbe anche pronta anche a bloccare un’eventuale Opa. Tema che in realtà è di competenza della Consob, con la quale non a caso c’è stato un confronto giovedì scorso. Ad ogni modo anche l’Authority di mercato di suo sta verificando che non ci siano ombre sul blitz che ha portato i francesi a rastrellare quasi un terzo del capitale di Mediaset, facendone raddoppiare nel giro di tre settimane le quotazioni che si sono impennate fino a toccare un massimo di 4,81 euro. Fininvest, a riguardo della scalata seguita al rifiuto di onorare il contratto su Premium, ha presentato un esposto sia in Procura che in Consob. De Puyfontaine, comunuque, continua a ripetere di voler ancora trovare un accordo, a maggior ragione oggi che Vivendi è diventato il secondo socio. Non spiega però come potrebbe essere realizzato questo accordo, dato che è quasi certo che scatterebbe l’obbligo congiunto di Opa per azione di concerto, e considerato che difficilmente, se non con un bagno di sangue finanziario, i francesi potrebbero suonare la ritirata per ripartire a negoziare dal punto in cui si è interrotto il dialogo. Chi ha provato a mediare sin questi mesi i è trovato a fare i conti con un muro contro muro, con Vivendi che non sarebbe tornata al tavolo se Mediaset non avesse ritirato la causa per il mancato rispetto del contratto di aprile (con annessa richiesta danni da 1,5 miliardi) e Mediaset che neppure sarebbe stata disposta a farlo se i francesi non avessero ammesso i danni.

Situazione ingarbugliata, dunque, ma Vincent Bolloré, che è primo azionista e presidente di Vivendi, finora ha non è stato avaro di sorprese. Secondo voci - che non hanno però trovato conferma - Vivendi potrebbe anche chiedere la convocazione di un’assemblea per fare ingresso in consiglio. Oppure potrebbe lanciare un’Opa che, da volontaria, non sarebbe vincolata al prezzo massimo pagato per arrivare al 30%. O, ancora, appunto potrebbe aspettare.

Fininvest, da parte sua, non può salire oltre il 38,266% del capitale che ha raggiunto (pari al 39,775% dei diritti di voto) fino ad aprile (quando potrà comprare ancora poco meno dell’1,3%), a meno di lanciare un’Opa. Mediaset comunque va avanti per la sua strada: l’impasse su Premium è già costato parecchio. Confermata quindi per metà gennaio la presentazione del piano industriale del Biscione a Londra, con orizzonte triennale e a riguardo dell’intero gruppo. Un piano, con valenza strategica, che doveva essere illustrato a settembre, ma che l’apertura del contenzioso con i francesi ha suggerito di rinviare.

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