
Le aste lorde dei titoli di Stato italiani, compresi i BoT, quest’anno andranno ben oltre quota 400 miliardi: tra rimborsi di bond in scadenza, deficit e finanziamento del fondo per le banche a tutela del risparmio, lo stock del debito pubblico difficilmente calerà. Ben che vada, il debito/Pil resterà attorno al 132%-133%. Lo spread si muoverà poco, i rendimenti si manterranno bassi: se anche dovessero salire, lo scenario base dei grandi player del mercato è per rialzi contenuti. Il 2017 potrebbe essere l’anno del tirare a campare, per il debito pubblico. E questo è un bene e un male.
È un bene perché il 2017 è per l’Italia, l’Europa, lo Uk, gli Usa, la Cina e i mercati emergenti un anno di transizione, di incertezza e instabilità. E se tutto questo alla fine non avrà un impatto negativo sul debito/Pil e sul rating dell’Italia, sarà un gran risultato.
L’Italia è il terzo Pil dell’Europa ma è uno dei Paesi più vulnerabili dell’area dell’euro: per questo vivacchiare è un male. La Germania cresce poco più dell’Italia ma è riuscita a far calare il debito/Pil dal picco dell’85% raggiunto durante la Grande Crisi al 67% previsto per la fine di quest’anno. Il 60% è in vista. La Francia ha problemi strutturali molto più vicini a quelli italiani ma ha un debito/Pil sottoil 100%.
Essere vulnerabili di questi tempi è un lusso che l’Italia può permettersi solo perché protetta dal QE della Bce che anche quest’anno acquisterà - stando alle stime degli addetti ai lavori - attorno ai 100 miliardi di BTp e terrà spread e rendimenti sotto controllo. Persino il rischio di declassamento di rating è modesto, quest’anno, per l’Italia: se DBRS dovesse declassare l’Italia, la perdita dell’ultima singola “A-low” colpirebbe un poco le banche (uno sconto, un haircut maggiore sui bond italiani usati come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento principale presso la Bce). L’Italia resterebbe nella fascia della tripla B, minacciata da un solo outlook negativo, Fitch sul rating più alto (BBB+), stabile per ora l’outlook sulla Baa2 di Moody’s e sulla BBB- di S&P’s.
Sarà meglio per l’Italia che nulla vada storto, quest’anno, che i cosiddetti “tail-risks” non si manifestino. Tutto deve filare liscio sul fronte di Brexit . I partiti di protesta anti-euro dovranno uscire dalle elezioni con le ossa rotte in Francia, Germania e Olanda ( il tail risk olandese è sottotraccia per ora). Negli Usa, basterà che Trump inizi a imbastire anche solo metà o meno della metà delle sue promesse elettorali, e tutti saranno contenti. Le politiche fiscali espansive in Cina e Usa, con aumento della spesa pubblica per sostenere la crescita, daranno sollievo indirettamente anche dal debito/Pil italiano: purché non esploda qualche bolla cinese. E purché il nuovo inquilino alla Casa Bianca non destabilizzi il mondo con slanci di protezionismo e caccia grossa all’immigrato. In quanto alle banche centrali, nonostante il rialzo dei tassi Fed negli Usa e un primo taglio agli acquisti mensili nel PSPP da parte della Bce (visto come l’anticamera del tapering), le banche centrali è bene per l’Italia che restino ancora per un po’ dove sono e dove il mercato le vuole, dietro la curva.
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